Scavi illeciti per trovare reperti archeologici e rivenderli all’estero.

Trentaquattro persone sono state deferite in stato di libertà dalla Procura di Lanusei per i reati, a vario titolo, di associazione a delinquere, uscita o esportazioni illecite, ricerca archeologica senza concessione, tramite scavi clandestini, impossessamento illecito di Beni Culturali appartenenti allo Stato, contraffazione di opere d’arte, ricettazione, furto aggravato, estorsione, coltivazione e spaccio di stupefacenti, minacce aggravate e danneggiamento, favoeraggiamento personale.

L’indagine, coordinata dal procuratore capo di Lanusei Biagio Mazzeo e condotta da carabinieri e Forestale, ha preso il via nel 2016 in seguito a un blitz delle Forze dell’ordine nei pressi di un nuraghe in agro di Arzana. 

Da quel blitz è nato un team che ha approfondito le indagini per contrastare la ricerca e il commercio illecito di reperti archeologici provenienti da scavi clandestini ed effettuati in diversi siti nuragici sul territorio sardo.

I GRUPPI E I NOMI – L’inchiesta ha portato alla luce l'esistenza di diverse associazioni a delinquere, tutte collegate da loro. Tanti gruppi autonomi quando si tratta di ricercare e scavare, ma con gli stessi intenti.

C’è il gruppo di Arzana, formato da Marongiu Vincenzo Beniamino, Romagnoli Sabina, Pili Carlo, Monni Pietro, Puddu Augusto, Piras Nicolò, Laisceddu Federico Luigi, Melis Tomaso, Cabras Roberto, Cocco Raffaele, Gioi Sebastiano, Arbau Efisio e Cau Michele.

Poi quello della Baronia, costituito da: Deledda Antonio Francesco, Deledda Pasqualino, Puddu Mariano, Pinna Diego, De Amicis Mauro Maria, Dessolis Massimo Gianfranco, Marceddu Gianpiero, Sanna Matteo, Secchi Gian Michele.

E quello di Cagliari costituito da Meloni Gianluca, Mascia Gabriele, Ciccolella Felice, Sarais Mario, Cara Enrico e Casula Antioco.

I gruppi erano costantemente in contatto per l’attività di ricerca, l’andamento degli scavi, lo scambio delle informazione sul valore dei reperti rinvenuti e sui canali di vendita da utilizzare. Ai reperti veri, illecitamente sottratti, se ne aggiungevano altri falsi, creati ad arte.

IL TRAFFICO D’ARMI – Alcuni degli indagati erano attivi anche nel commercio di armi clandestine e munizione, oltre che in furti e rapine. Di qui la decisione del procuratore Mazzeo di dare priorità a tali reati, arrestando i capi della pericolosa associazione a delinquere arzanese.

I REPERTI SEQUESTRATI – Le indagini si sono avvalse di migliaia di intercettazioni, che hanno evidenziato come gli indagati eseguissero ricerche archeologiche clandestine per poi rivendere i reperti sul mercato estero, in particolare quello francese, dove venivano ricettati e riciclati grazie a un emigrato ogliastrino che vive in Francia.

Numerosissimi i reperti sequestrati che, sottoposti all’esame delle Soprintendenze, sono stati valutati di notevole interesse storico-scientifico. Sequestrato anche un intero sito archeologhico presente in una proprietà in uso a uno degli indagati, a Isili. Un vero e proprio “museo a cielo aperto” danneggiato dagli indagati, che ne hanno fatto perdere definitivamente dati importanti per la ricostruzione storica delle strutture.

I più pericolosi, si sottolinea, sono gli arzanesi, che hanno anche distrutto con un incendio una località in territorio di Bari Sardo. Una vera e propria spedizione punitiva organizzata da Marongiu Vincenzo Beniamino, che si è rivolto a un complice ogliastrino.

(Unioneonline/L)

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