In Sardegna il 21,4 per cento dei giovani tra i 15 e 29 anni non studia e non lavora. C'è un acronimo che li raccoglie tutti: è Neet e indica appunto quella generazione senza futuro né speranza che ha lasciato anzitempo la scuola e non ne vuole sapere di imparare un mestiere.

La nostra Isola divide il drammatico primato con il resto del Mezzogiorno. Il dato si legge nel rapporto “Europa 2030”, col quale Bruxelles ha prima messo sotto la lente gli indicatori socio-economico delle regioni europee con popolazione tra gli 800mila e i tre milioni di residenti; poi le ha divise in gruppi in base allo stato di salute. È risultato che la Sardegna rientra nella lista dei ventidue territori “meno sviluppati”, ovvero quelli che hanno più difficoltà a crescere. Si parla di Nuts 2.

L'obiettivo dell'Ue è investire maggiori risorse nelle regioni che stanno peggio, in modo da ridurre il divario esistente e costruire un'Europa quanto più possibile a una sola velocità. Evidentemente il traguardo non è facile, ma la scuola e la formazione professionale sono due versanti su cui Bruxelles ha deciso di impegnarsi. Anche finanziariamente.

I numeri che vengono fuori sui Neet sono impietosi per il Sud Italia, specie se i dati vengono raffrontati col resto dei territori Ue classificati ugualmente come Nuts 2, ma che sul piano dell'istruzione possono vantare condizioni decisamente migliori. Infatti: se nella nostra Isola è Neet oltre un quinto dei giovani tra i 15 e i 29 anni, la percentuale sale addirittura al 32,4 in Sicilia, peggior risultato europeo. Non se la passano meglio in Campania e Calabria, dove si registra rispettivamente il 29,7 e il 28,2. in Puglia i Neet sono il 26 per cento. Meglio della Sardegna, il Molise e la Basilicata, con il 20,9 e il 20,6.

Quanto al resto delle regioni “meno sviluppate”, l'incidenza dei giovani che non studiano e non lavorano è marginale nella Provincia del Lussemburgo, in Belgio, dove i Neet si fermano all'8,2 per cento. Dato simile ad Alentejo, in Portogallo, che fa segnare l'8,3. A Közép-Dunántúl, in Ungheria, si registra il terzo miglior dato con l'8,8.

La portata del dramma sardo è scritta anche nel raffronto con la media dell'intera Ue: nei 27 Paesi membri del Vecchio Continente, la percentuale dei giovani che ha lasciato la scuola e non cerca un lavoro è dell'11,7 per cento. Nella nostra Isola il dato è quasi doppio. Sotto la media Ue anche Vzhodna, in Slovenia (9,2%) e a Małopolskie, in Polonia (9,3%). Nella stessa condizione, con un percentuale di Neet al 10,5, pure Mazowiecki, ancora in Polonia, e Západné, in Slovacchia.

Il dato allarmante sui Neet sardi trova origine nel precoce abbandono dei percorsi di istruzione e formazione professionale: nella nostra Isola il 14,7 per cento dei ragazzi tra i 18 e i 24 anni non conclude le Superiori o non si iscrive all'Università, o smette di frequentarla. L'indicatore include quei giovani che non frequentano i corsi per imparare un mestiere e così costruirsi una prospettiva di vita. Basti pensare che nel resto dell'Unione europea, la percentuale scende al 9,6 per cento.

Pur nell'emergenza della situazione sarda, non possono comunque sfuggire due elementi positivi: perché è vero che quel 21,4 di Neet è ancora una percentuale troppo elevata rispetto al contesto Ue. Ma l'Isola ha fatto passi importanti rispetto al 2014, quando i giovani “dimenticati” dalla società erano addirittura il 34,2 per cento. Da allora una lenta ma graduale inversione di tendenza, sebbene il margine di sicurezza sia lontano.

Lo stesso si può dire sull'uscita precoce dai percorsi di studio e formazione professionale: sempre con lo sguardo lungo sulla serie storica, l'anno peggiore per i giovani dai 18 ai 24 anni è stato il 2018, quando quasi un ragazzo su cinque aveva smesso di studiare o imparare un mestiere. La percentuale era al 23. Nel 2020 si è registrato il dato migliore, con 12 punti base. Negli ultimi tre anni, però, un nuovo e costante aumento.

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