I ruderi inermi del “Mediterraneo”, l’hotel che fu della Cagliari bene, traguardano il Golfo degli Angeli come se qui il tempo si fosse fermato per sempre. Le reticelle verdi e celesti del cantiere perenne avvolgono irrimediabilmente l’incedere del giorno e della notte, da ormai nove anni. Da quel lontano 2013, data del trapasso dello storico albergo dalle mani sarde a quelle russe, i tramonti sulla Sella del Diavolo inseguono l’ora bizantina, quella del sole, la stessa del Monte Athos, la penisola segreta e riservata dell’ortodossia russa nell’antica Grecia. Del resto anche qui, a ridosso dei ricciai di Su Siccu, come nelle rive dei Monasteri di Athos, a scandire il tempo è rimasta solo la stella solare. In questa piazza dei Centomila, contesa tra sacro e pagano, le abitudini erano segnate dallo scoccare di colazioni e aperitivi. Eppure il filo rosso-russo tra questo proscenio dominato dalla Basilica di Bonaria e il Monte greco di Athos è molto di più di un semplice affare immobiliare in terra sarda. Sono le eminenze grigie, i misteriosi ruoli di Palazzo e di sacrestia, a collocare questa storia nel labile confine tra il potere del Cremlino e i vertici dell’Ortodossia russa. In questa storia c’è molto di più di un contratto di compravendita di un albergo che ha segnato l’epopea dell’ospitalità cagliaritana. Nelle carte di Marco Papi, notaio in Roma, del resto, quel 26 luglio del 2013, a firmare l’acquisto c’era un anonimo signore russo, senza storia e senza soldi.

Nomi “cambiati”

Niente, alla vigilia di quell’acquisto in terra sarda, faceva presagire l'imminente sbarco di Putin in Crimea, con la conseguente sarabanda di sanzioni per i suoi “amici”, Russia “imperialista” compresa. Il contratto di vendita dell’albergo, con tanto di passaggio di quote dalla holding che fu di Romano Fanti, intraprendente imprenditore cagliaritano, dai rifiuti al turismo, al signor Vitaly Khomyakov, fu un colpo di teatro. Di certo nessuno poteva attribuire a Vitaly il ruolo dell’uomo di maggior fiducia proprio di quello sconosciuto, ma potentissimo, “massaggiatore” di Vladimir Putin. Lui, Konstantin Goloshchapov, a Khomyakov aveva dato carta bianca: trasformare l’Hotel Mediterraneo, quello della Juventus, dei leader politici, dei grandi artisti e delle lobby tutte sarde, nel primo cinque stelle extra lusso della città di Sant’Efisio. L’avventura sotto delega, però, è durata poco. Il tentativo di “espropriare” il bene al legittimo “oligarca-massaggiatore” frana con l’incedere di denunce e sentenze di ogni genere, comprese vicende penali, poi, archiviate. Una vera e propria faida in casa russa, finita con espatrio in terra svizzera e ribaltone anagrafico. Senza un motivo dichiarato Vitaly Khomyakov, come abbiamo anticipato, cambia nome. Il documento che pubblichiamo è del Consolato generale d’Italia a Lugano, nuova dimora e nuova vita dell’uomo che fu il braccio silenzioso di Konstantin Goloshchapov in terra di Sardegna. Sparito dalla circolazione come nemmeno le spie russe avrebbero saputo fare.

Il figlio del “Cardinale”

A quel punto, e siamo al 9 maggio del 2014, è sempre il notaio Papi, nel Foro di Roma, a sancire l’avvento, con nome e cognome, del rampollo appena maggiorenne del “Cardinale grigio” di Putin, non un oligarca qualunque. Dietro l’acquisto del glorioso hotel Mediterraneo, infatti, c’è molto di più di un russo in vena di shopping turistico in terra sarda. A guidare l’ennesima scalata alberghiera, quasi ci fosse un ordine impartito dall’alto, c’è l’uomo più vicino a Vladimir Putin. A scendere in campo, infatti, è il “massaggiatore” del corpo, degli affari e dello spirito dello Zar di Russia.

L’uomo del Monte Athos

Non si commette un azzardo se si considera Konstantin Goloshchapov una delle più eminenti figure chiave dello scenario geopolitico, religioso e affaristico tra Putin e la potente ortodossia russa. È lui, infatti, l’uomo del “Mediterraneo” di Cagliari, ad aprire a Putin in persona le porte della “confessione” religiosa più severa, compresa la rottura traumatica, sia sul piano politico che spirituale, con le aspirazioni occidentali dell’Ucraina. A Mosca, si sa, governa la “cerchia” ristretta di San Pietroburgo, quella dei fedelissimi. Tra tutti, però, c’è proprio il “massaggiatore”, quello del “Mediterraneo” di Bonaria, a guidare le retrovie del Cremlino, a partire dai rapporti diretti con l’ortodossia russa. Nei palazzi della Piazza Rossa, infatti, ci sono i mandarini del Cremlino, ma soprattutto ci sono loro, gli uomini dell’élite ortodossa, destinati a condividere con lo Zar le sorti politiche della Russia. Un connubio stretto, un patto di spirito e di sangue. In realtà la Chiesa ortodossa li ha corteggiati a dismisura, e loro si sono fatti corteggiare, con tanto denaro e dottrine “adagiate” come non mai al potere del Palazzo.

La prima scalata

E in questo caso ad aprire il fronte è proprio Konstantin Goloshchapov in persona. È il 1998 quando il giovane “massaggiatore” del futuro Zar di Russia si inerpica nelle scoscese insenature del Monte Athos, penisola greca fattasi feudo e Repubblica dei monaci ortodossi. Uno Stato autonomo nello Stato greco. Goloshchapov è il primo dei fedelissimi di Putin a solcare i monasteri vietati alle donne nel cuore della montagna sacra. Il suo rientro a Mosca è raccontato come un incantesimo, destinato a segnare la svolta ortodossa con l’avvento di Putin al Cremlino. Ci passeranno sei anni, però, per convincere l’ex agente segreto del Kgb, diventato Presidente della Federazione Russa, a varcare la soglia del Monte Athos.

Putin a Monte Athos

È il 2005 quando Putin viene accolto come un messia nel Monastero a San Panteleimon, in una delle cime della montagna divina. L’amore è a prima vista, ma non sarà a basso costo. L’uomo del Cremlino capisce che quell’enclave di spiritualità e potere può essere suo, contando, come sta avvenendo in questi mesi di guerra all’Ucraina, nell’incondizionato sostegno del Patriarca ortodosso Kirill. Putin vuole un patto di ferro. E non ci pensa due volte ad affidare ai suoi fedelissimi la missione di animare, a colpi di milioni di rubli, lo spirito di Athos. L’operazione è affidata all’uomo del “Mediterraneo” di Cagliari, Konstantin Goloshchapov. È lui che fonda la «Russian Athos Society». L’obiettivo è chiaro: attivare il flusso finanziario degli oligarchi verso i monasteri ortodossi.

Setta, rubli & dottrina

Non bastano i rubli, la “setta” degli uomini di Putin, voluta dal patron dell’Hotel di Su Siccu, esige anche la dottrina. Dopo appena un anno il turismo dei ricchi invade quell’enclave di potere e spiritualità. Vacanze per spirito e affari. Arrivano i massimi dirigenti delle più importanti società statali, i massimi esponenti del governo russo, dai politici ai funzionari, tutti accolti in celle trasformate in suites di lusso, compresi voli in elicottero da Salonicco e yacht per arrivare sotto costa. Un mese prima delle ultime elezioni in Russia, Kirill, il Patriarca, si lascia trasportare dall’impeto: il governo di Putin è stato un “miracolo di Dio”. Il sostegno all’invasione in Ucraina ha fatto il resto. Difficile pensare che Goloshchapov, l’uomo del Monte Athos, volesse ripercorrere davanti alla Basilica di Bonaria a Cagliari la scalata al Monte sacro, di certo, però, l’acquisto dell’Hotel Mediterraneo ancor oggi resta un mistero.

Hotel senza futuro

Non foss’altro perché l’istanza di proroga del titolo edilizio per la trasformazione del “Mediterraneo Hotel” in extralusso risulta, dopo mille traversie, scaduta a settembre del 2020. Nessuno da allora, negli uffici di Ottone Baccaredda, residenza del Comune di Cagliari, si è fatto più sentire. La differenza tra Su Siccu e Monte Athos, del resto, è tutta nella giurisdizione. Qui, in terra di Sardegna, i beni e i capitali degli uomini di Putin rischiano ogni giorno di finire nelle maglie del “congelamento” europeo, sul Monte Athos, invece, governa l’ortodossia russa, quella di Vladimir Putin. L’Hotel Mediterraneo nel frattempo attende un miracolo, che per il momento non verrà. Goloshchapov, il “massaggiatore” dello Zar, ha perso l’incremento volumetrico del piano casa e, per il momento, gli consigliano di non investire soldi freschi nel Bel Paese. I suoi mentori più vicini, già soci nelle banche russe, i fratelli Rotenberg, Boris e Arkady, sono finiti entrambi sotto sanzioni. Un cartello all’ingresso di viale Diaz è fin troppo chiaro: «Hotel chiuso per ristrutturazione - apertura maggio 2015». Siamo nel 2022, l’anno dell’invasione russa in Ucraina.

Mauro Pili

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Rettifica:

In relazione all'inchiesta del nostro giornale sull'Hotel Mediterraneo di Cagliari, il signor Vitaly Ioghint precisa di non aver posto in essere un «tentativo di espropriare il bene» in quanto ciò non trova riscontro nei vari procedimenti giudiziali tuttora in corso e relativi alla vertenza con Goloshchapov. Precisa, inoltre, che, sulla stessa vertenza, non sono ancora state rese sentenze civili e conferma che le denunce penali sporte dal Goloshchapov nei suoi confronti sono state archiviate. Precisa, infine, di essere cittadino italiano iscritto all'AIRE già dal 2012, anno in cui aveva trasferito la propria residenza in Svizzera.

I nostri riscontri

In base agli elementi documentali in possesso del nostro giornale risulta che l'Hotel Mediterraneo è stato oggetto di una complessa vicenda societaria che ha visto la nomina del signor Vitaly Khomyakov a presidente del Consiglio di amministrazione della società acquirente in data 26 luglio 2013; successivamente, per un contenzioso penale e civile insorto tra il Khomyakov e il proprietario Goloschapov, sono stati bloccati i lavori di ristrutturazione dell'hotel con sostituzione di tutti i vertici societari, compreso il signor Khomyakov, divenuto, solo dopo, con atto pubblicato dal nostro giornale il 28 aprile scorso, Vitaly Ioghint; il «tentativo di espropriare» il bene non era riferito ad un soggetto particolare, ma all'insieme di cause sollevate dal proprietario Goloschapov che con una nota ufficiale dei suoi legali, già nel 2017, aveva parlato "di sottrazione di beni e intestazione arbitraria di quote sociali"; il giornale ha riportato correttamente l'avvenuta archiviazione di quelle denunce; come ben sanno i soggetti coinvolti nella vicenda sono diversi i contenziosi e non riguardano solo i contendenti russi, ma anche imprese che hanno operato nel cantiere che solo di recente hanno restituito la disponibilità del sito al proprietario.

Resta l'amara constatazione che in seguito a questa "faida" russa in terra sarda l'hotel Mediterraneo resta un rudere abbandonato nel cuore della città. 

(mp)

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