Legge sul fine vita in Sardegna, in commissione è il giorno dei no: «Più cure palliative e terapia del dolore»
Proseguono le audizioni con l’associazione ProVita ed esperti di bioeticaPer restare aggiornato entra nel nostro canale Whatsapp
C’è il suicidio medicalmente assistito al centro della discussione nella seconda commissione (Salute) del Consiglio regionale della Sardegna dove, dopo il ciclo dei sì, ora arriva quello del no alla legge. Questa mattina, e proseguiranno nel pomeriggio fino a conclusione, si sono svolte le audizioni già cominciate nelle sedute precedenti con Filomena Gallo, referente della Coscioni, sul merito del testo, che ricalca la proposta presentata dalla stessa associazione.
Ad avvicendarsi oggi, in collegamento da remoto, Antonio Brandi dell'associazione ProVita e Famiglia e l'esperta di Bioetica dell'Università del Messico, Giulia Bovassi. Entrambi contrari a una norma che poggia le basi su una sentenza della Corte Costituzionale. Brandi ha invitato i commissari a valutare ciò che accade in quegli Stati (13 su 194 nel mondo) che hanno introdotto il suicidio assistito. In Olanda, ad esempio, «uno su 5 si pratica senza consenso». Brandi ha dunque escluso che la sentenza della Consulta richiamata nella proposta di legge crei un vuoto normativo, che «va riempito con la vita e non con la morte».
Per il referente ProVita la legge «elimina i sofferenti invece delle sofferenze» e chiede, invece, «piena attuazione della legge n.38 del 2021 che riconosce il diritto dei cittadini ad accedere alle cure palliative e alla terapia del dolore, con l'obiettivo di garantire una migliore qualità della vita e una gestione efficace del dolore per i malati in fase avanzata di malattia, sia di natura oncologica che non oncologica». Sulla stessa linea anche l’esperta di Bioetica, Giulia Bovassi, secondo cui la «sentenza della Consulta non stabilisce il diritto alla morte ma semmai circoscrive le condizioni essenziali nelle quali si ravvisa l'eccezione rispetto alle norme vigenti». Per Bovassi la proposta consiliare tende invece ad estendere il concetto, consentendo alla Regione di garantire la necessaria assistenza a tutte le persone che intendono accedere al suicidio medicalmente assistito. «Il problema - ha sottolineato - è l'abbandono terapeutico e non l'accanimento ed ogni paziente può sottrarsi alla terapia ma non alla cura, intesa come prendersi cura di una persona».
(Unioneonline)