Il mercato del lavoro in Sardegna resiste alla crisi. A ottobre gli occupati sono stati 2050 in più rispetto a settembre. Il dato è cresciuto di 12.500 unità se il paragone è con lo stesso mese del 2021. Risultano avere un lavoro 336mila uomini e solo 245.175 donne.  Quindi i salari al femminile sono circa 90mila in meno. Un numero che diventa ancora più pesante se si considera che le donne nell’Isola sono circa 812mila a fronte di 778mila maschi. 

I contratti a tempo indeterminato in essere sono 381.421. Sono invece 74.528 i rapporti di lavoro a tempo (di qualunque tipologia). Tutti gli altri, circa 124mila, sono lavoratori indipendenti che guadagnano al di fuori di un vincolo di subordinazione. 

La fotografia del mercato del lavoro in Sardegna è scattata dal centro studi Bruno Buozzi della Uil, presieduto da Cristiano Ardau, segretario regionale della UilTucs. 

Nella situazione isolana il sindacalista legge aspetti positivi: «I dati si riferiscono a ottobre, quindi non sono influenzati dalla stagione turistica che, è noto, fa aumentare i numeri dell’occupazione». Il lieve incremento rispetto allo scorso anno quindi «lascia intendere che qualcosa si stia muovendo». 

La crisi c’è, ma non si è registrato il tracollo che si temeva durante la pandemia. 

Ardau legge i numeri sardi in controluce rispetto a quelli nazionali:  «I dati evidenziano un buon andamento dell’occupazione maschile mentre quella femminile continua ad arrancare», perché  «le donne subiscono maggiormente gli effetti di un difficile mondo del lavoro, poco inclusivo e carente di reti sociali che concilino il lavoro con i momenti familiari».  Va evidenziato che aumenta l’occupazione delle donne rispetto agli uomini ma stagna e non diminuisce la disoccupazione rosa. 

C’è poi un altro aspetto: più occupati, sì, ma a quale prezzo? Per Ardau «andrebbe analizzato l’andamento delle retribuzioni rispetto ai dati sull’occupazione, per comprendere al meglio anche l’andamento qualitativo del mondo del lavoro». 

(Unioneonline/E.Fr.)

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