Il fatto è «gravissimo», l'inchiesta si sta rivelando un ginepraio, e la Procura impone la consegna del silenzio. Le tre pallottole recapitate giovedì mattina all'avvocato Paolo Pilia (47 anni, di Lanusei) sono già acquisite ai corpi di reato sotto sequestro insieme al telegrafico messaggio che invita il noto penalista a battere in ritirata. Messaggio diretto a lui e non ad altri. Avvisaglie di ritorsioni alla famiglia (numerosa)? Dopo gli accenni in cronaca, gli investigatori fanno grandinare smentite. Neppure mezza parola sul luogo scelto per il recapito del pacco, ovvero il giardino di casa di Silvia Melis, la cliente senz'altro più celebre di un legale abituato a prosceni giudiziari importanti. L'inchiesta ha già mosso i primi passi decisi. Lettera e pallottole (calibro 12) passeranno subito al Ris per l'esame di tracce di dna . Ai raggi ics anche le esperienze professionali dell'avvocato: difensore di imputati nei processi Tuono, delitti Cgil, Aurora, e da ultimo, legale di Franco Ibba, bancario di Ilbono giustiziere e giustiziato. Nonostante la prudenza d'obbligo, gli inquirenti non nascondono che questa pista è privilegiata nella ricerca del movente e degli autori delle minacce.

IL MESSAGGIO «Per il ritiro»: è questa l'unica frase - a meno di comprensibilissimi omissis investigativi - che sarebbe comparsa sulla lettera minatoria, redatta assai sbrigativamente nella sostanza ma più elaborata nella forma. Per comporre il telegramma è stata usata una tecnica che sembrava caduta in disuso, quello del collage realizzato con lettere dell'alfabeto ritagliate da giornali e incollate al foglio. L'avvocato Paolo Pilia è stato sostanzialmente invitato a togliere il disturbo. Da quale fronte? Sul punto potrebbero essere più precisi soltanto gli scribi del terrore che, dopo aver tolto il sonno a qualche sindaco, adesso hanno cambiato obiettivo. Clamorosamente, perché un avvocato sotto tiro non è roba da tutti i giorni.

SOLIDARIETÀ A FIUMI Ieri, fra Lanusei e Tortolì, la notizia ha suscitato stupore e sdegno. Fin dalla prima mattina sul filo del telefono la solidarietà al penalista è arrivata a fiumi. Nel percorso, breve, tra il suo studio di Lanusei e palazzo di giustizia, Paolo Pilia ha risposto a una decina di chiamate, ripetendo agli interlocutori le stesse parole. Gli sono rimasti solo pochi secondi per sorseggiare un caffè. Nessuno spazio alle interviste. «Mi spiace, non rilascio dichiarazioni». Il fatto è che l'avvocato dice di non sapersi spiegare né provenienza, né significato autentico del messaggio.

IN UDIENZA COME SEMPRE Il telefono cellulare ha smesso di squillare quando Pilia lo ha spento, è entrato in aula e ha regolarmente partecipato a un'udienza penale che lo vedeva impegnato come difensore. Il calendario dei suoi impegni non è cambiato neppure nel pomeriggio, quando era in programma un corso di aggiornamento professionale che lui stesso ha voluto come presidente della sezione ogliastrina delle Camere penali. I colleghi gli hanno manifestato le loro sensazioni, di indignazione e solidarietà. Gli stessi sentimenti espressi dal presidente del consiglio dell'Ordine degli avvocati, Francesco Serrau, che ieri è rimasto a casa per un'indisposizione ed è stato contattato telefonicamente dal cronista. ( t. pl. )
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