In Sardegna precario un docente su cinque: «Ora basta: sarà battaglia per la stabilizzazione»
I portavoce sardi della protesta: «Raccolte 12 mila firme in poche ore, meritiamo dignità e rispetto». Meloni (Pd): «Colpa del Governo»«In Sardegna il 20% dei docenti sarà precario, una percentuale che arriva al 50% tra gli insegnanti di sostegno. In queste condizioni, è impensabile che la scuola possa funzionare e rappresentare un vero investimento per il futuro del Paese».
I dati su chi starà in cattedra nelle aule dell’Isola a partire da metà settembre arrivano dal senatore del Pd, Marco Meloni, che parla di «record di precari di cui è pienamente responsabile il governo di Giorgia Meloni».
I posti vacanti, secondo l’esponente sardo dei Dem, «potrebbero essere in gran parte coperti ricorrendo alle graduatorie dei concorsi banditi negli scorsi anni», ma l’attuale Governo «ha fortemente limitato le assunzioni stabili, obbligando chi ha già vinto un concorso a restare in una condizione di precariato».
Parole che arrivano mentre i precari, organizzati, fanno sapere di aver raccolto 12 mila firme in poche ore a sostegno di una lettera indirizzata alle principali organizzazioni sindacali e ai gruppi parlamentari. I promotori dell’iniziativa nazionale, i sardi Danilo Lampis e Maurizio Brianda, spiegano: «Ci siamo mobilitati con forza per denunciare la situazione di stallo in cui ci troviamo, nonostante il superamento delle prove concorsuali. In un clima di crescente preoccupazione per il futuro professionale, ci dichiariamo pronti alla battaglia contro un sistema che continua a lasciarci soli nella precarietà, chiedendo un intervento urgente e mirato da parte delle istituzioni».
I docenti sottolineano di avere «superato prove selettive, tanti di noi hanno già dimostrato il proprio valore sul campo e siamo stati giudicati idonei da un sistema che ora ci volta le spalle, lasciandoci in balia della precarietà, condannati a svolgere un altro concorso, alle medesime prove, nel corso del prossimo autunno. Magari dovremmo prendere nuovamente il volo e una stanza in un b&b per andare a sostenere le prove, come già successo a tanti sardi».
Brianda e Lampis accusano ancora: «È inaccettabile. Non siamo numeri da inserire in graduatorie di cui non conosciamo neanche l'esito finale e la nostra collocazione precisa, né persone da utilizzare come bancomat per le università telematiche ed enti privati che si occupano di erogare a costi carissimi, master e certificazioni che gonfiano i punteggi in una inesorabile guerra tra poveri, tutti contro tutti. Non si può pagare per lavorare. Siamo docenti, educatori, formatori delle future generazioni di questo Paese, e meritiamo di essere trattati con dignità e rispetto. Chiediamo con forza», concludono, «che le nostre istanze vengano ascoltate e che si ponga fine a un sistema che premia l'incertezza e penalizza chi ha dimostrato competenza e passione. Vogliamo un impegno concreto e immediato da parte delle istituzioni, affinché la stabilità lavorativa diventi una realtà e non un miraggio».
(Unioneonline/E.Fr.)