In Sardegna guerra alle case incompiute
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La mancanza di intonaco è forse il tratto più diffuso.
Ma la fantasia di chi lascia la propria casa incompiuta raggiunge tra i sardi vette elevatissime.
Basta fare un giro per le periferie urbane e i paesi, mare o monti poco cambia: gli esempi architettonici mollati a metà, di ogni dimensione e stile, si contano a centinaia.
Villette singole e a schiera, palazzi a quattro piani, edifici dalle forme astratte che non si capisce come possano stare in piedi, stabili con porte e finestre e altri che sembra siano stati bombardati, immobili che potrebbero essere gioielli e fabbricati che fanno pensare a film horror.
IL DECORO - "Certo che a volte i nostri concittadini sono un po' particolari, pretendono giustamente il 'decoro urbano', il giardinetto curato, i muri senza scritte, e poi capita che le loro case non siano terminate. Noi cerchiamo in ogni modo di 'invitarli' a completare gli edifici, ma non abbiamo né poteri né margini per agevolarli", dice Pietro Pisu, sindaco di Quartucciu.
Spiega Omar Hassan, sindaco di Modolo e coordinatore della Consulta dei piccoli Comuni dell'Anci, "che le case non finite sono ovunque, non esiste luogo nell'Isola che non abbia il suo 'rudere', e molto è dipeso anche dalle scelte politiche fatte in passato, il consumo del suolo indiscriminato consentito con la programmazione di quanti più metri cubi possibile, pensando che l'edilizia potesse dare ricchezza. Noi siamo riusciti a rimettere a posto il centro storico con la legge regionale 29 e i tre bandi, Civis, Biddas e Domos".
LA REGIONE - Ecco, c'è appunto la legge 29, come ricorda anche l'assessore agli enti locali Cristiano Erriu, "finanziata con 20 milioni, per la riqualificazione degli edifici pubblici e privati nei centri storici".
Ancora: "Nella leggina sull'edilizia, la 11 del 2016, c'è una norma sul 'non finito' nelle campagne, dove moltissimi edifici non potevano essere conclusi a causa delle concessioni scadute dopo dieci anni. Ora è possibile cancellare queste brutture".
Aggiunge Erriu: "Sono però provvedimenti specifici, utili sì, ma che non possono dare risposte al problema diffuso del non terminato, che in parte è economico, in parte dipende dalla mentalità delle persone".
LA TRADIZIONE - Paola Pili, geometra di Aritzo con studio professionale a Cagliari, racconta che "nei piccoli centri quando una coppia inizia a costruire un'abitazione non pensa mai solo al presente, pensa al futuro, ai figli, a quando nasceranno, o cresceranno e si sposeranno. È ovvio che poi le cose cambiano, i figli magari vorranno vivere altrove, o saranno costretti a spostarsi per lavoro. Ancora, capita che chi ha un po' di soldi da investire a un certo punto si renda conto che gli conviene farlo in città, e quella grande casa che si stava tirando su resterà per sempre non terminata".
LA NON PROGRAMMAZIONE - Lo scrittore Marcello Fois, sottolinea che "i sardi hanno un senso della comunità molto spinto sui diritti e molto labile sui doveri, con la difficoltà a concepire il bene comune. Queste case non finite dentro sono per la maggior parte abitate e finite alla perfezione, e dunque ciò che conta è esclusivamente il 'privato'. Inoltre, poiché si costruisce a pezzi, non completare l'opera denota una non programmazione, e questo non è altro che lo specchio dell'incapacità di programmare della politica. Potremmo farcela, a condizione di avere amministratori schietti, non ambigui".
LA LOTTA - Francesco Mura, sindaco di Nughedu Santa Vittoria, sta portando avanti una vera e propria battaglia contro l'obbrobrio: "Il non finito è la degenerazione della rassegnazione. È l'idea che i nostri paesi ormai si siano rassegnati a una condizione di bruttezza endemica. Serve una rivoluzione culturale".
L'amministrazione ha fatto un bando - 90mila euro di fondi comunali - per aiutare gli abitanti di Nughedu a completare le facciate delle case e dei muri di recinzione interni, per ristrutturazioni e coperture delle case vecchie e l'eliminazione dell'amianto. "Stessa cosa ha fatto Oniferi, altri non mi risulta", conclude Mura. "L'iniziativa ha avuto successo: sono arrivate una trentina di domande, dieci progetti sono già stati portati a termine".
Cristina Cossu