Il capo di imputazione è lungo due pagine, le contestazioni sono pesantissime. Un militare dell’Arma, 45 anni, romano, per 12 anni si è dovuto difendere da accuse infamanti. La Procura di Tempio gli contestava di avere violentato la moglie e di avere abusato sessualmente di lei in diverse occasioni.

Dal 2008 al 2013 il carabiniere avrebbe trasformato la vita della compagna in una insopportabile sequenza di vessazioni fisiche e morali. Accuse che si sono rivelate tutte prive di fondamento.

Il militare ha pianto più volte durante le ultime udienze del processo che mercoledì sera si è concluso con l’assoluzione perché il fatto non sussiste.

I giudici del Tribunale di Tempio hanno accolto la tesi del difensore Renato Borzone, ma anche la pm Noemi Mancini ha concluso la sua requisitoria chiedendo l’assoluzione del militare. Alcuni degli episodi indicati nel capo di imputazione sarebbero stati inventati di sana pianta.

Le violenze, secondo la tesi iniziale della Procura di Tempio avvenute in una cittadina del Lazio e in Gallura, non hanno trovato alcun riscontro. Il carabiniere era accusato anche di avere picchiato i genitori della compagna.

Durante il processo è emerso che le foto delle ferite e dei traumi mostrate dalla donna per accusare il marito erano immagini di lesioni simulate realizzate in sala trucco durante un corso di recitazione (pagato dal militare). 

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