«Lunedì pomeriggio la nostra esperienza nel Pronto Soccorso di Olbia è stata un incubo. Otto ore di attesa, personale sull’orlo di una crisi di nervi, nessuna risposta all'arrivo, pazienti gestiti con l’utilizzo dei vigilanti. Mio fratello, che non stava bene, avrebbe dovuto restare al freddo, fuori dall’ospedale. Siamo entrati comunque, con uno stratagemma, in sala d’attesa. Non è accettabile tutto questo»: Giannina Mundula racconta il suo accesso nell’ospedale Giovanni Paolo II.

Una esperienza che ha segnalato ai Carabinieri. «Ho chiamato l’Arma – dice Mundula – quando sono stata minacciata di una denuncia da una operatrice del Pronto Soccorso. Io sono entrata in sala d'attesa perché all'esterno c’era freddo e mio fratello aveva delle fitte al petto. Gli è stata diagnosticata una polmonite. Mi è dispiaciuto quando, dopo avere insistito perché mio fratello venisse fatto entrare, mi è stato detto: “Dove me lo metto, in tasca?”».

Angelo Mundula, 63 anni, cittadinanza italiana e francese, fratello di Giannina, è la persona che stava male. Racconta: «La nostra non è una polemica contro i medici e gli infermieri, sono pochi e arrivano pazienti da tutto il nord Sardegna. È il sistema che non funziona. Siamo arrivati e non ci rispondeva nessuno, le porte non hanno maniglie. Fuori c’era freddo e io stavo male. Non sapevo di avere una polmonite e quelle fitte al petto potevano essere anche altro. Ho contato più guardie giurate che infermiere, questo mi ha colpito».

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