«Il mio assistito ha 93 anni, è provato. Non ha capito subito di essere stato assolto nel merito e quando gli abbiamo spiegato la formula usata dal giudice si è commosso, è crollato. Mario Decandia ha subito diversi mesi di arresti domiciliari e un processo lungo quasi dieci anni. Ma aveva un alibi e quando ha cercato di provarlo è stato arrestato»: il penalista Giampaolo Murrighile parla subito dopo la sentenza che chiude il caso del tentato omicidio di Lu Picurili.

I giudici del Tribunale di Tempio questa sera hanno scagionato Decandia dall’accusa di avere sparato contro l’abitazione di Salvatore Rino Fideli, episodio avvenuto nelle campagne tra Olbia e Loiri. I fatti sono del 2016 e Murrighile nella sua durissima arringa difensiva ha parlato di una indagine basata su suggestioni, di piste alternative mai battute e di una tesi accusatoria seguita acriticamente dagli investigatori dell’Arma.

Dice Murrighile: «Il mio assistito aveva un alibi, la sera del tentato omicidio era a cena con dei conoscenti. Quando ha cercato di fare valere le sue ragioni è stato arrestato. Non solo, le persone che dicendo la verità hanno confermato di essere state con lui quel giorno sono state fatte passare per favoreggiatori. Decandia è stato accusato di avere precostituito l’alibi. Fatti gravissimi. L’istruttoria dibattimentale ha invece dimostrato che Mario Decandia ha sempre detto la verità. Oggi è stato assolto, ma questa storia gli ha tolto un pezzo di vita. E durante le indagini sono emersi fatti che non sono mai stati approfonditi».

Decandia, secondo la tesi della Procura di Tempio, sparò contro la casa dell’olbiese Salvatore Fideli (fondatore della discoteca Ripping di San Teodoro) dopo una discussione su transito e attività di caccia in un terreno privato. Murrighile ha insistito sulla totale assenza di un movente nella ricostruzione che vedeva sotto accusa Decandia e i giudici gli hanno dato ragione. 

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