Quando gli alti funzionari dell’Autorità Garante per la Concorrenza e della Direzione Investigativa Antimafia hanno ricevuto quel malloppo di sedici pagine avevano due possibilità: segnalare l’autore al servizio psichiatrico oppure aprire la più colossale inchiesta sugli affari del fuoco in terra e in cielo, a partire dall’Isola dei Nuraghi. Allegata a quelle affermazioni fitte fitte, circoscritte come se le avesse redatte un investigatore da far invidia a quelli dello scandalo Lockheed, c’era una caterva di prove, indicate con minuziosa precisione, quella che solo un pilota di elicotteri poteva permettersi.

Sardegna nel cartello

Un dossier scottante con la Sardegna ripetutamente fulcro e perno della grande operazione del cartello del fuoco. L’approccio alle alte sfere della Concorrenza è quello di un cittadino che chiede giustizia. Lui, però, Massimiliano Giana, classe 1967, quegli elicotteri di cui parla con profonda cognizione di causa nell’esposto-scandalo li ha fatti volteggiare da bambino. Una vita in volo, in terra di montagne, quelle vere, a ridosso delle Alpi, tra la Svizzera e Domodossola, suo quartier generale. L’azienda del padre, nata e cresciuta sgobbando sodo tra le cime innevate del Piemonte, sentiva il peso di quell’associazione “segreta e clandestina” che avanzava ovunque.

Sorelle ingorde

Le sette sorelle, ingorde e spregiudicate, non ne volevano sentire di concorrenza. L’obiettivo era quello di cancellare ogni resistenza di chi non voleva assoggettarsi alle regole dei padroni dei cieli. Scrive il suo memoriale, dettagliato e preciso, come se fosse una confessione al contrario: racconta incontri, descrive proposte, spiega incastri e interessi. L’Autorità garante abbandona subito l’ipotesi psichiatrica, quel dossier è esplosivo. L’inchiesta viene aperta con la velocità della luce, serve cristallizzare prove e documenti, server e intercettazioni. Come un’alluvione in piena, il piano d’azione dei “magistrati” della Concorrenza acquisisce la bellezza di 1.800 file.

Il comandante Massimiliano Giana, protagonista della denuncia contro il cartello del fuoco (L'Unione Sarda)
Il comandante Massimiliano Giana, protagonista della denuncia contro il cartello del fuoco (L'Unione Sarda)
Il comandante Massimiliano Giana, protagonista della denuncia contro il cartello del fuoco (L'Unione Sarda)

La prova: non è matto

C’è di tutto e soprattutto la prova incontrovertibile: Massimiliano Giana non è matto. Negli uffici dell’Autority entra ed esce come se fosse il suo nuovo ufficio, deve spiegare ogni singolo dettaglio necessario per ricostruire quel filo rosso che da 15 anni ha legato a doppia mandata quel “cartello del fuoco”, capace, come pochi, di mettere impunemente le mani su uno dei business più pericolosi di sempre. Un affare che brucia. Ha piena consapevolezza che quel suo esposto ha provocato un terremoto senza precedenti, non solo scoperchiando l’operazione “fuoco & affari”, ma mettendo spalle al muro le sette società che in regime di comunione gestivano appalti per decine e decine di milioni di euro, a partire dalla Sardegna.

Batosta inappellabile

Il Consiglio di Stato subito dopo ferragosto ha messo la parola fine all’affaire: tutte condannate a pagare multe per complessivi 67 milioni di euro. Una batosta inappellabile, come l’obbligo a rompere le intese con le quali azzeravano la concorrenza e si aggiudicavano gare d’appalto con prezzi alle stelle. Ora che la sentenza è passata in giudicato davanti alla massima Corte il “giustiziere volante” accetta di parlare. E’ la prima volta che Massimiliano Giana rompe il silenzio. Pilota da 36 anni, dirigente e responsabile di aeronavigabilità, con licenza di responsabile della qualità per organizzazioni aeronautiche, sa il fatto suo. E’ lui la bestia nera del cartello del fuoco. Quando parla non sentenzia. Ragiona, spiega, soppesa. Le sue parole, però, sono macigni. Non un’intervista per esaltare le gesta di un pilota d’alta quota, tipo Davide e Golia, ma, semmai, per andare oltre. Per capire il dietro le quinte del “cartel del fuego”, per scorgere quello che non si può dire. La domanda è senza preamboli. Va dritta al cuore del dubbio più cruento di questa storia. Può esistere una regola “occulta” di ingaggio con la quale le società chiedono che l’elicottero non parta troppo presto e vada via un po’ prima dal luogo dell’incendio? La pausa è lunga. Il silenzio è pesante. La risposta non è immediata. Le parole, dopo un sospiro profondo, sono soppesate.

Non lo escludo

Il Comandante è chirurgico: «Direi che non lo escluderei definitivamente. Io sono stato testimone di eventi che personalmente mi hanno fatto poco piacere. Io mi sono posto diverse domande, in molte occasioni. A partire dai continui problemi tecnici agli elicotteri. In due occasioni mi è capitato di collaborare con il servizio di antincendio regionale in Sardegna, una a Porto Rotondo e una ad Arzachena. In entrambi i casi gli aeromobili del servizio regionale hanno dichiarato problematiche tecniche o malfunzionamenti e hanno abbandonato l’area delle operazioni anzitempo, fortunatamente c’erano altri aeromobili, tra cui quello con il quale stavo lavorando io. Le operazioni antincendio sono proseguite. Ripeto, sono stato testimone e poi ho saputo da altri del verificarsi, non dico numerosi, ma un certo numero, di questi problemi tecnici a questi aeromobili. E questa è una condizione abbastanza strana: è vero che l’elicottero è una macchina e può guastarsi, ma l’elicottero è un mezzo soggetto a controlli molto dettagliati. Per cui è difficile che si ripetano in continuazione questi problemi tecnici che costringono gli equipaggi a fare rientro alla base».

Testimone

Affermazioni soppesate, ma pesanti come macigni. Il protagonista di questa ecatombe dei potenti dei cieli, però, non si ferma. Il ricordo è rivolto agli anni in cui ha lavorato nella base elicotteristica di Marganai, di Farcana e Oristano. Sino alla scelta di lasciare per sempre la campagna antincendi in Sardegna.

Conflitto morale

Alla base della decisione un conflitto interiore, etico e morale: «Mi sono trovato, in due occasioni in condizioni tali che ritenevo che come pilota non dovessi continuare ad operare in quel servizio. Provengo da una famiglia di piloti, tutti noi abbiamo svolto, e svolgiamo, questa attività per passione. Il nostro impegno, per le autorità, ma soprattutto per i cittadini, è quello di dare sempre il meglio di noi e di operare con la massima trasparenza. E io, in quel caso, mi sono trovato a dover scegliere se rispettare i miei principi morali o proseguire ad operare in quel servizio. Ho deciso che i miei principi morali avevano maggior peso».

Lo strappo con l’Isola

La confessione lo commuove. Alla domanda di essere più esplicito non arretra, ma è sibillino: «Non condividevo le strategie poste in essere da chi aveva l’onere e l’autorità per dirigere le operazioni». Massimiliano Giana è consapevole dello tsunami che ha scatenato con le sue denunce, sul nuovo appalto dell’antincendio in Sardegna, però, preferisce affidarsi al bisturi. Il dato emerso dalla nostra inchiesta è eloquente: un costo del 36% in più rispetto allo scorso anno. Si è passati da un costo di 10 milioni a quasi 15. La sua risposta non irrompe. Pausa. Sorriso sornione.

Non me lo so spiegare

La frase lascia aperto, però, un varco incandescente: «Sinceramente – dice il Comandante - non me lo so spiegare, o meglio preferisco in questo caso non esporre i miei pensieri». Lo sguardo si sposta su quella catastrofe del Montiferru dove disorganizzazione e intempestività hanno consumato il disastro. L’evoluzione l’ha seguita da esperto, ha visto i tracciati radar, ma quando gli chiediamo le sue riflessioni su quei giorni drammatici preferisce confidare negli inquirenti: «Ho fatto le mie riflessioni, anche in questo caso, però, preferisco che siano le autorità a fare il loro lavoro, e avranno certamente, ne sono convinto, il loro bel da fare». Il suo lavoro, però, lo conosce bene e sa perfettamente che non ammette ritardi. La riflessione in questo caso è perentoria: «Un incendio per essere spento deve essere affrontato nei primi 5 minuti dalla partenza. Nella mia esperienza in quel caso può essere spento rapidamente in 15/20 minuti, in qualsiasi condizione. Oltre i dieci minuti dall’avvio dell’incendio ci sono molte più difficoltà a contrastarlo. Se parliamo di un intervento dopo 30/40 minuti possiamo dire che riusciremo solo a limitarne gli effetti devastanti e sperare che vada ad esaurimento».

Una volpe uccisa dalle fiamme sul Montiferru (L'Unione Sarda)
Una volpe uccisa dalle fiamme sul Montiferru (L'Unione Sarda)
Una volpe uccisa dalle fiamme sul Montiferru (L'Unione Sarda)

Soldi & incendi

L’ultimo sguardo è rivolto ad un’equazione inquietante che si fa domanda incalzante: più soldi per gli elicotteri uguale più incendi? Massimiliano Giana è comandante scafato, ha sconfitto i colossi dell’antincendio in Italia e non solo. Riflette. Il silenzio questa volta è più lungo. Non sempre quello che si pensa lo si può dire, ma non rinuncia a far rilevare un dato di fatto: «E’ difficile rispondere a questa domanda. Negli ultimi anni abbiamo assistito ad una crescita del numero degli incendi, questo è certo. Contemporaneamente abbiamo registrato l’incremento del parco macchine elicotteri. Non posso, però, dire che i due fatti siano legati tra loro». Teme rappresaglie? «Sono sereno, ho fatto quello che la mia coscienza mi imponeva». Affari & fuoco, una storia infinita.

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