Meno tre. Il conto alla rovescia è iniziato. Occhi puntati sul 28 ottobre, giorno storico per la Sardegna nella battaglia sull’insularità. Essere riusciti a portare in Senato la proposta di legge popolare, sostenuta da centomila firme e da uno schieramento politico trasversale, «è un risultato non da poco». E, vista la compattezza dei senatori sardi, è auspicabile che già giovedì ci sarà il primo via libera. «Se il testo va in aula è per essere approvato», conferma Gianni Marilotti (Pd). «C’è stata una larga maggioranza nella commissione Affari costituzionali, non c’è motivo per dubitare che l’intera operazione vada a buon fine». E c’è un altro fatto che per il senatore cagliaritano vale la pena di ricordare: «Sono contate le volte in cui il Parlamento ha accolto proposte e le ha portate in aula: dal 1974 alla scorsa legislatura, erano arrivate al Parlamento 262 proposte di legge popolare e solo tre erano state approvate, 151 nemmeno discusse: il che vuol dire che 7 milioni e mezzo di firme non sono state prese in considerazione. Questa volta è stato un miracolo, per il quale riconosciamo l’impegno dei promotori e del compianto Roberto Frongia».

Lo scenario

Dalla Sardegna plaudono alla «compattezza» raggiunta dai sardi a Palazzo Madama, senza dimenticare l’impegno speso anche dai deputati isolani: ogni gruppo politico si è trovato d'accordo sul percorso da seguire per il riconoscimento del principio di insularità nella Costituzione. Un obiettivo che rafforza le rivendicazioni dei sardi per togliere all’Isola il peso di essere un’isola, con gli svantaggi permanenti che finora ne hanno rallentato lo sviluppo sotto tutti i punti di vista, soprattutto quello economico. Ma non finisce qui. «L’ingresso del testo di legge nell’Aula del Senato rappresenta un punto d’arrivo importante e ne siamo molto soddisfatti», dice Sara Canu, capogruppo dei Riformatori in Consiglio regionale, «ma allo stesso tempo ci esorta a continuare la battaglia in sinergia anche con la Sicilia per far valere le nostre ragioni sul fronte nazionale e con Bruxelles, in modo che il divario socio-economico di cui soffriamo venga colmato anche dalla prossima programmazione europea». E per le stesse ragioni la senatrice della Lega, Lina Lunesu, rappresenterà il suo partito a Palazzo Madama e farà la dichiarazione di voto. «Dovremmo farcela ad approvare il testo: noi sardi speriamo sia l’inizio per colmare un divario che ancora oggi non ci consente di risolvere problemi atavici, come le ferrovie, tanto per citarne uno».

«Soluzioni concrete»

Francesco Agus (Progressisti) mette in guardia, però: «L’insularità non è una parola magica, né va intesa come qualcosa che porterà fondi all’infinito come è stato con l’Obiettivo 1: ha un senso se diventa un modo per ottenere alcuni diritti oggi negati, come un regime derogatorio in materia dei trasporti, perché è chiaro che alla Sardegna non si possono applicare le stesse leggi che valgono per altre regioni», fa presente Agus che aggiunge: «È tutto da vedere e ci preoccupa la debolezza di rappresentanza e di pratica politica della Regione sarda, mai come ora così ininfluente nel panorama nazionale». Sul fronte opposto Roberto Li Gioi (5 Stelle) plaude al «risultato bipartisan contro un’insularità che costa 5700 euro all’anno per ogni sardo: un solco così ampio che sta diventando insormontabile per la Sardegna». Tra quattro giorni a Roma la battaglia entra nel vivo. «Il Governo avrà uno strumento per trattare con l’Europa», rimarca il consigliere della Lega Dario Giagoni, «e per mettere l’Isola al riparo da rischi sanzionatori: penso a un sistema fiscale con l’Iva al 7 per cento come avviene da altre parti e alla possibilità che lo Stato finanzi le compagnie aeree e marittime senza i vincoli degli aiuti di Stato. Solo così la Sardegna potrà competere ad armi pari».

Carla Raggio

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