Prima i fanghi putridi della Puglia che attraversavano il Tirreno per sbarcare nelle dorate colline della Planargia, poi i rifiuti pericolosi pieni di amianto sotterrati nell'impervia discarica dei veleni nella terra delle miniere. I porti sardi, da nord a sud, da Olbia a Cagliari, trasformati nella porta d'ingresso verso la discarica d'Italia. Un via vai infinito di tir carichi di ogni genere di veleni spediti mattina, sera e notte, una volta dal tacco della Penisola, una volta dal cuore ricco del nord Italia.

La slot delle lobby

Una lobby trasversale e organizzata, dai produttori ai trasportatori, sino ai fruitori finali, quei proprietari di discariche che hanno trasformato quelle montagne di veleni in una slot machine per far soldi a palate. Non c'è notte nel porto di Cagliari che quei rimorchi, a decine, ora nascosti sotto teli gialli e non solo, sbarchino dalle navi più disparate. Arrivano da Civitavecchia, Livorno, Napoli, Salerno. Tutti destinati all'Isola del lentischio e del mirto, dei Nuraghi e delle Domus de Janas. Da non meno di due anni, secondo la ricostruzione della nostra inchiesta, la Sardegna è oggetto delle più invasive attenzioni di coloro che operano nel settore dei rifiuti pericolosi e non solo. Un caso esploso dirompente dopo la pubblicazione sul nostro giornale delle prove eloquenti di questo traffico spaventoso di rifiuti di ogni genere. Documenti imbarazzanti dai quali emerge il cartello delle società del nord e centro Italia che mettono nero su bianco la loro verità: nella Penisola non ci sono discariche, l'unica che possiamo usare è quella della Riverso nel sud Sardegna. Stessa dichiarazione rendono i signori dell'Acquedotto Pugliese che senza reticenza scrivono che quei fanghi fognari dell'intera Puglia li possono smaltire solo nell'Isola dei profumi. A far saltare i giochi dell'impianto di trattamento dei fanghi a Magomadas, la nobile terra della Malvasia di Bosa, ci pensa prima un agguerrito comitato popolare, poi la Procura di Oristano assesta il colpo finale: tutto sequestrato.

Ognuno i suoi

Il Tribunale amministrativo regionale della Sardegna e il Consiglio di Stato poi, dichiarano quei rifiuti irricevibili. Ogni regione, sentenziano i giudici, deve smaltire i propri, grazie ad una norma statale che indica la «prossimità» come luogo per gestire quei veleni. Tradotto: ogni regione pensi ai propri rifiuti. Il principio della «prossimità» per lo smaltimento dei rifiuti è blindato da sentenze reiterate, ma la lobby non si arrende. Anzi. Sfida, apertamente e impunemente, gli organi di Controllo, dalla Regione alle Province, dall'Arpas alle stesse Procure che guardano con sempre maggiore attenzione a quello che accade nell'oscuro mondo dei rifiuti e la sua gestione. Lo scandalo esplode con la pubblicazione sull'Unione Sarda delle immagini con decine di rimorchi carichi di veleni scaricati durante la notte al porto commerciale di Cagliari. I simboli su quei fusti bianchi scrivono amianto. Un traffico di rifiuti pericolosi senza precedenti. Fotogrammi aerei tracciano la mappa dei veleni a due passi dalla darsena di via Roma a Cagliari. L'opinione pubblica sarda si indigna per l'Isola trasformata in una grande e ignara discarica di rifiuti pericolosi provenienti dal nord e centro Italia. Sotto traccia si muovono gli organi di controllo, le forze dell'ordine e gli inquirenti.

Regione in campo

Ieri è stata la volta della Regione che, dopo aver chiarito che le norme impediscono l'arrivo di rifiuti da altre Regioni, ha convocato a Cagliari i vertici ambientali delle Province, dell'Arpas e del Corpo Forestale di Vigilanza ambientale. L'obiettivo è scandito a chiare lettere: mettere in campo vere e proprie task force per controllare e contrastare l'arrivo nell'Isola di questi veleni dal nord e centro Italia. Rangers e tecnici dell'Arpas hanno il mandato pieno e urgente di controllare quello che sta arrivando in Sardegna. Controllare e contrastare. I dirigenti annotano le disposizioni dell'Assessore regionale dell'Ambiente, Gianni Lampis, e capiscono che quei rifiuti devono essere fermati. L'esponente dell'esecutivo annuncia squadre speciali già incaricate di gestire questa emergenza rifiuti "stranieri" in terra di Sardegna. Da controllare ci sono i porti e gli abbancamenti dentro le discariche. Nessuna di queste è autorizzata per far arrivare i veleni o altro genere di rifiuti dal Continente. Non si tratta di sovranismo dei rifiuti o di un razzismo dei veleni, la realtà è tutta legata al principio giuridico della "prossimità", scandito dalla norme comunitarie, statali e recepite dal piano regionale dei rifiuti della Sardegna. Si tratta di una norma di buon senso che impedisce di riempire le deleterie discariche di rifiuti altrui. Il rischio che si sta correndo, infatti, da nord a sud dell'Isola, è quello di far collassare il sistema per non sapere, poi, dove mettere i rifiuti prodotti nell'Isola. Un corto circuito devastante che deve essere fermato sul nascere. In realtà, però, i proprietari di queste discariche a cielo aperto hanno continuato, con arroganza e impunità, ad interpretare le norme per proprio conto e a loro favore.

Giocattolo rotto

Il giocattolo si è rotto, prima con la partita dei fanghi fognari pugliesi e adesso con la decisione della Regione di contrastare in tutti i modi questa violazione di legge. Se nelle autorizzazioni integrate ambientali delle discariche c'è scritto che quei siti sono destinati solo ai rifiuti regionali quel vincolo - ha disposto l'assessorato dell'Ambiente - non può essere violato in alcun modo. Dunque, guerra ai rifiuti extraregionali. La singolar tenzone con i gestori delle discariche è, però, solo agli inizi. Lo scontro si annuncia durissimo. In ballo ci sono interessi milionari. E il primo epilogo è legato al caso dei rifiuti di amianto sbarcati nelle scorse settimane nel porto commerciale di Cagliari.

Irrompe l'Arpas

L'Arpas si mette subito sulle tracce di quei veleni e mette in campo la prima visita ispettiva straordinaria per verificare cosa realmente stesse accadendo nel cuore di Monte Onixeddu tra Gonnesa e Carbonia. Il gruppo ispettivo, pubblichiamo il documento ufficiale, irrompe nel sito di Serra Scirieddus alle 9 del mattino del 18 febbraio scorso. L'oggetto della visita è scritto a chiare lettere nel verbale dell'ispezione. Non perdono tempo i tecnici dell'Agenzia regionale per la Protezione Ambientale della Sardegna. La richiesta ai gestori della Riverso è senza attenuanti: consegnate un estratto del registro di carico e scarico dei rifiuti pericolosi di provenienza extra regionale smaltiti in discarica dal 2019 ad oggi distinti per codice e singolo fornitore. Il verbale racconta: si acquisiscono le aliquote dei campioni di controllo e la documentazione (caratterizzazione del produttore, omologa, formulari e registro rifiuti) connesse con lo smaltimento dei tre diversi materiali prelevati.

I veleni del Continente

Finiscono nel prelievo dell'Arpas i rifiuti della S.G. s.r.l di San Zeno Due a Brescia, della potentissima Cosmo ambiente del Comune di Noale, in provincia di Venezia, e della strapotentissima Navarra S.p.A. con sede a Ferentino nel Lazio. Il verbale è esplicito sulle procedure di prelievo: i rifiuti pericolosi prelevati vengono sigillati e muniti di cartellino identificativo. Il contenuto è articolato. Ci sono terre pericolose contenenti sostante pericolose (eternit), pietrisco da massicciate Om-03 e rifiuti parzialmente stabilizzati lav.590/19. Ieri dovevano iniziare gli esami del contenuto di quei campioni "sequestrati" in discarica. Non se ne farà niente. I colossi dei rifiuti si sono presentati con al seguito i luminari dei rifiuti, accademici e quant'altri. Obiettivo raggiunto: inficiare in ogni modo quei campioni.

Lo scontro dei campioni

L'Arpas viene pesantemente sconfessata da obiezioni che la costringono a rinunciare alle analisi di quei prelievi. Tutto da rifare. Altro tempo e nuove procedure. Dalle porte aperte in discarica al blocco delle analisi il passo è stato breve. Si è passati dalle annunciate visite guidate per scolaresche nella discarica di Monte Onixeddu alla calata dei docenti universitari per impugnare l'esame di quei campioni di veleni. La guerra dei rifiuti stranieri in terra sarda è appena iniziata.

Mauro Pili
© Riproduzione riservata