Solinas: "Sull'Isola un'indegna strumentalizzazione" VIDEO
"Non sono pentito di aver riaperto le discoteche"«Entrano in Sardegna già positivi senza che nessuno li controlli poi se riscontriamo noi il contagio siamo gli untori d'Italia e l'epicentro dell'epidemia? E perché non si parla di Emilia Romagna, Veneto e della Versilia dove ci sono mega-discoteche e i casi sono molto superiori ai nostri?».
Il presidente della Regione Christian Solinas difende la regione che governa da un anno e mezzo da un attacco mediatico con pochi precedenti. E non rinnega le scelte fatte nonostante il capo dell'Unità di crisi del Nord Sardegna, Marcello Acciaro, abbia affermato che riaprire le discoteche sia stato un errore. «O è stato frainteso o si è spiegato male», sostiene.
Presidente, pentito di aver riaperto le discoteche?
«I giovani se non nelle discoteche all'aperto si sarebbero assembrati nelle spiagge, nelle piazze o nei lounge bar. Il tema era evitare la circolazione di soggetti positivi che potessero diffondere il contagio. Se poi vogliamo analizzare i numeri, anche in questo caso, i presunti contagi in discoteca sono una minima parte rispetto al complesso dei positivi. La promiscuità alla base dei contagi in alcune zone ben determinate è dovuta ad altre pratiche e ad alcuni mondi che evidentemente hanno interpretato l'opulenza della vacanza come un esimente dalle normali precauzioni per il contenimento dei contagi».
Trova normale la tempesta mediatica nata attorno ai cluster sardi?
«È evidente che siamo davanti ad una vergognosa strumentalizzazione contro la Sardegna ed in particolare a discapito del suo sistema turistico-ricettivo, che ha dimostrato - nonostante le forti criticità - una grande capacità di ripresa: basti pensare che questa tempesta mediatica segue la diffusione del dato sulle presenze registrate al 10 agosto, che si apprestavano a superare i 7 milioni».
Qual è la ragione?
«I primi risultati dell'indagine di siero-prevalenza Sars-CoV-2, condotta dal ministero della Salute in collaborazione con Istat e Croce Rossa Italiana, hanno confermato che col valore di 0,3 abbiamo avuto avuto sul nostro territorio la minore circolazione virale di tutta Italia. Ciò significa che prima della riapertura senza limitazioni voluta dal Governo contro la nostra volontà, avevamo mantenuto l'Isola davvero Covid-free. Ed anche oggi, nonostante la ripresa della curva dei contagi, tutti i focolai sono di importazione o di ritorno, cioè persone già positive che sono state testate una volta giunte in Sardegna o sardi che si sono infettati durante le vacanze all'estero e sono rientrati con il virus, contagiando alcune volte i propri congiunti. In questo momento non è la Sardegna a spaventare ma la faciloneria o la malafede di chi vuole rappresentarla come il problema nonostante il numero maggiore di casi si registri in altre parti del Paese delle quali nessuno parla ed il nostro sistema sanitario stia gestendo in modo ordinato e tempestivo la situazione».
Avete chiesto ai turisti le autocertificazioni ma negli scali non le controlla nessuno.
«Sapevamo che i grandi flussi turistici legati alla stagione estiva avrebbero esposto al rischio di una nuova diffusione virale ed è per questo che avevamo chiesto a gran voce al Governo fin da maggio l'obbligo di un certificato di negatività al virus per potersi imbarcare su navi e aerei diretti in Sardegna. Non siamo stati ascoltati, siamo stati derisi, accusati di proporre modelli incostituzionali o addirittura discriminatori, salvo poi riproporli, con colpevole ritardo, per i passeggeri provenienti da Spagna, Croazia o Grecia. Le autocertificazioni sono state una soluzione di ripiego per poter mappare quanto meno la situazione e adeguare la capacità di risposta dei servizi di igiene e prevenzione sul territorio. I mancati controlli da parte di chi avrebbe dovuto effettuarli negli scali sono oggetto di un'attenta verifica, anche perché determinano precise responsabilità».
I controlli nei luoghi della movida sono stati sufficienti?
«Le forze dell'ordine, che non dipendono funzionalmente dalla Regione, hanno un contingente sull'Isola che non tiene conto delle variazioni di popolazione indotte dal turismo soprattutto nella stagione estiva. Il Governo avrebbe dovuto pensare ad un rafforzamento delle donne e degli uomini sul campo in Sardegna per favorire un'attività di controllo più ampia e puntuale. Specialmente perché in questo periodo non si è sospesa l'attività ordinaria. Per parte nostra, nonostante la concomitanza con la Campagna antincendio, abbiamo schierato tutte le forze possibili del nostro Corpo Forestale ed i Comuni hanno destinato la polizia locale a queste attività. Ma la verità è che non si può pensare di vincere questa sfida se non con una presa di coscienza collettiva ed un atteggiamento responsabile e rispettoso da parte dei cittadini, in particolare dei turisti. Abbiamo assistito a comportamenti sconsiderati ed incoscienti, che mettono a repentaglio la salute pubblica e contro i quali nessuna forma di controllo potrà essere mai sufficiente».
Sulla gestione dei positivi si è aperta una querelle con la Regione Lazio e con il Governo. A che punto è il dialogo?
«Abbiamo detto che è surreale anche solo pensare di controllare soltanto i turisti che dalla Sardegna rientrano nel Lazio attraverso il porto di Civitavecchia mentre non si prevede alcun controllo per quelli che continuano ad arrivare nell'Isola da ogni altra parte d'Italia e del mondo in aereo o nave. Sarebbe come dire che qui possono arrivare tutti i positivi senza controllo e nessuno deve dire niente, mentre in uscita li si deve controllare e magari se li si trova positivi si dice che il problema è la Sardegna, è lì che ci si infetta. È necessario che il Governo adotti subito un provvedimento che obblighi i controlli in ogni porto o aeroporto nazionale e su qualunque destinazione, perché solo così si può arrestare la circolazione virale, individuando e isolando tutti i soggetti positivi che trasmettono il virus con i loro spostamenti. Ma il Governo per ora resta sulla sua posizione, convinto che basti un accordo col Lazio».
Sulle strutture dove alloggiare - quelle individuate a Macomer, Ploaghe e La Maddalena - avete fatto dietrofront?
«Queste strutture sono state individuate in prima analisi in quanto pubbliche, valutando il risparmio derivante dal non dover pagare affitti. Stiamo ora valutando alcune criticità rappresentate dalle comunità locali e dobbiamo chiarire con il Governo chi dovrà farsi carico delle spese per il soggiorno in isolamento fiduciario dei turisti, che ricordo ha una durata minima di 14 giorni e determinerebbe un forte ed ingiustificato aggravio sulle casse della Regione».
Gli albergatori sostengono di non aver avuto indicazioni sui protocolli da adottare nel caso di ospiti positivi e di aver dovuto improvvisare.
«Non mi risulta. Esistono protocolli nazionali, elaborati peraltro su impulso delle associazioni di categoria, ed esistono procedure standard di segnalazione e trattamento dei soggetti positivi che si trovino in casa o in hotel. I servizi di Igiene e Prevenzione danno indicazioni precise su quali condotte tenere e quali misure adottare ogni qualvolta venga accertato un positivo».
Nell'Isola arrivano di nuovo disdette per le vacanze. Intendete fare qualcosa sul piano della comunicazione per rimediare?
«Le cancellazioni sono il frutto di quella strumentalizzazione mediatica e politica di cui parlavamo e che fa un danno enorme al sistema Sardegna. È per questo che stiamo combattendo senza sosta questa cattiva informazione, opponendo la forza dei numeri reali alle chiacchiere infondate di troppi. Il messaggio comincia a passare e mi riferiscono diversi operatori che si avvertono alcuni segnali di ripresa sulle prenotazioni per settembre. Stiamo comunque lavorando sia sulla comunicazione sia sul fronte di una serie di attrattori culturali e sportivi in grado di supportare l'allungamento della stagione. Ma la vera sfida resta la sicurezza sanitaria: la scelta della destinazione, oggi più che mai, sarà influenzata dalla percezione di raggiungere un luogo sicuro».
Ritiene che esista un problema migranti?
«Credo che la situazione sia sfuggita di mano al Governo. Dall'anno scorso gli sbarchi sono passati da 4.000 a 17.000 in un Paese già duramente provato dall'emergenza legata al Covid-19 e che non ha le strutture e le risorse per affrontare al meglio questo fenomeno. Per di più si assiste ad un fenomeno che in molti casi non ha niente a che vedere con l'esigenza di fuggire da guerre o carestie. In Sardegna continuano ad arrivare clandestini da un Paese stabile come l'Algeria, che ha il 49° Pil del mondo. Spesso si tratta di giovani positivi al coronavirus e dunque contagiosi, nonché molesti rispetto alla popolazione locale. Uno Stato, per definizione, ha un territorio delimitato da frontiere: se si abbandona la difesa delle proprie frontiere si rinuncia allo stesso Stato sull'altare di un terzomondismo globalista da salotto senza una prospettiva certa né un futuro».
L'emergenza Covid nega ai sardi il diritto alle cure. Che cosa state facendo per tornare a un servizio dignitoso?
«Abbiamo dato direttive precise per la ripresa di tutte le attività ordinarie per garantire la salute dei cittadini ed abbiamo stanziato oltre 21 milioni di euro per l'abbattimento delle liste d'attesa. Facciamo i conti con un sistema che abbiamo ereditato e che non ha avuto per troppi anni la copertura del turn-over con l'assunzione di nuovo personale medico, infermieristico e sociosanitario a sufficienza. Appena insediati, abbiamo sbloccato concorsi per oltre 1200 figure professionali».
Farà il rimpasto?
«È fisiologico che dopo una prima fase di Governo si faccia una verifica per comprendere cosa stia funzionando e cosa debba eventualmente essere migliorato, soprattutto dopo un periodo così drammatico come quello del Covid-19, che inevitabilmente impone una rivisitazione di strategie e programmi. Niente di conflittuale: sarà un confronto sereno con i partiti, i consiglieri e la giunta, dal quale trarrò elementi utili per le valutazioni finali, che comunque mi riservo».
Fabio Manca