Sicurezza informatica, a Cagliari gli 007 dei profili Facebook
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Regola numero uno: nulla è privato, soprattutto su Facebook.
"Eppure molti non si accorgono di essere in piazza e scrivono cose gravi, che possono essere usate contro di loro in un processo".
Luca Salvoldi è a capo di un gruppo di 007 del web.
La licenza di uccidere spesso gliela danno le stesse persone spiate.
Qualcuno ha l'ingenuità di insultare il proprio datore di lavoro, altri passano direttamente alle minacce: "Più di una volta mi è capitato di trovare dipendenti che aizzavano i colleghi contro i dirigenti di un'azienda. Oppure addirittura c'è chi pubblica vignette esplicite, di persone con il cappio al collo: una chiara intimidazione".
SOCIAL SOTTO CONTROLLO - I committenti sono quasi sempre le grandi imprese che vogliono tenere sotto controllo i comportamenti dei propri lavoratori sui social network.
Le conseguenze: richiami formali, sospensioni, licenziamenti in tronco.
Non a caso nelle multinazionali si stanno diffondendo rapidamente i codici di condotta per i dipendenti da seguire su Facebook, Twitter o Instagram.
Anche il New York Times da poco ne ha varato uno per i giornalisti: "Sebbene tu possa pensare che gli account sui social media siano zone private", recita il regolamento, "tutto ciò che postiamo o apprezziamo online è in qualche misura pubblico".
Sembra scontato ma - come dimostrano le cronache - non lo è. Operai licenziati per un "mi piace" di troppo.
Querele e processi per diffamazione partiti da una frase pubblicata su Facebook. Ormai si tratta di storie all'ordine del giorno.
GLI INFILTRATI - Salvoldi, fondatore e amministratore della società Abissi - base a Sestu e incarichi in tutto il mondo - è un esperto di cyber intelligence. E una parte del suo lavoro è anche questa: "Raccogliamo informazioni. Per trovarle non occorre solo un'attività da svolgere sui computer: abbiamo anche infiltrati. È importante avere un'intelligence vecchio stampo, collaboriamo con le forze dell'ordine e con altre aziende in questo campo".
SEQUESTRI DI DATI - I cyber-crimini sono in aumento costante.
A livello mondiale valgono 1,2 per cento del Pil. Una cifra esagerata: un trilione di dollari, ovvero un miliardo di miliardi. La nuova frontiera è il sequestro di dati.
I ladri però non entrano più attraverso internet. Preferiscono andare fisicamente a compiere il colpo: "Durante la notte entrano negli studi di ingegneria, oppure da commercialisti e avvocati e sequestrano i dati dei computer, rendendoli inutilizzabili con un programma speciale. Poi chiedono riscatti di 30 o 40mila euro", spiega Salvoldi.
IL MERCATO NERO - A volte le informazioni rubate finiscono sui mercati neri. E per recuperarli servono gli infiltrati: "Sul black market i dati vengono condivisi solo con persone di fiducia. Le regole sono le stesse della malavita tradizionale. Identità e informazioni personali si trovano ad esempio su Tor, una rete nella rete, che garantisce un anonimato. Internet è un oceano: sopra c'è il web normale, ma è solo il 6 per cento di tutto il sistema. Sotto si trova il deep web, il profondo web, non raggiungibile con i browser normali, infine il dark web, il web scuro, frequentato solo dai malviventi o dai governi. Qui si può accedere solo con account di infiltrati".
Si trova di tutto. Un'identità completa, con copia dei documenti, può valere 10 euro. I numeri di una carta di credito, soffiati al legittimo proprietario, tra i 2 e i 5 euro.
"Dipende dal plafond", precisa Salvoldi. I prezzi possono sembrare bassi, ma c'è un aspetto da considerare: "Chi compra questi dati poi li smista, li duplica, può utilizzarli migliaia di volte". E moltiplicare i guadagni all'infinito.
Michele Ruffi