Ormai sono tutti esperti di Covid
Viviamo nel tempo dell'informazione. La risposta più frequente di fronte ai consigli del medico è ormai "sì, lo so"Per restare aggiornato entra nel nostro canale Whatsapp
Mai come nel nostro tempo l'informazione era stata così disponibile. Di certo, però, lo sarà sempre più. Questa è l'era della informazione accessibile a tutti. Siamo invasi da un fiume continuo di notizie. Di tutto questo ci accorgiamo anche noi medici perché ormai molti pazienti si presentano "preparati". Pensano di avere molte conoscenze, non informazioni, della loro condizione clinica, della loro malattia. La risposta più frequente di fronte ai consigli del medico è "sì, lo so". Per poi aggiungere subito dopo, "ma non sarebbe utile fare questo esame, (cosa ne pensa) oppure non è conveniente usare questo farmaco perché ho visto una recensione in un sito che mi hanno consigliato?".
È evidente che il fiume dell'informazione non deve essere fermato, ma serve, nel caso della medicina che nel rapporto medico-paziente, il primo abbia una forte preparazione ed una autorevolezza che porti il paziente a capire che esiste una profonda differenza fra la informazione e la conoscenza e che si va dal medico proprio per questo. La pandemia di coronavirus ci ha messo di fronte a questo stesso tema: la mole di informazioni e la difficoltà della conoscenza. Di fronte ad una epidemia, mai vista prima, sarebbe stato utile sentire il parere degli epidemiologi perchè essi hanno un metodo scientifico che deriva dall'aver studiato le epidemie della storia. In linea generale però serve anche e soprattutto un'esperienza concreta, vissuta di epidemie almeno simili che però nel nostro continente fortunatamente sono assenti da un secolo.
Però in estremo oriente, in Asia, avevano esperienza di recenti epidemie, in particolare di SARS (una sindrome respiratoria acuta) dal 2002 al 2004 e di quel coronavirus c'era stata una proficua conoscenza ed esperienza. Questa era la fonte epidemiologica più vicina a cui far riferimento. Nel frattempo tutti sono diventati epidemiologi leggendo la mole di informazioni quotidiane. Tutti i principali talk show per mesi hanno avuto al loro interno discussioni ed approfondimenti sulla pandemia da coronavirus, con fiori di esperti che saltavano da una trasmissione all'altra per raccontarci il loro parere che spesso differiva da quello di un altro esperto in un'altra trasmissione. Naturalmente questo fiume di informazioni ha stimolato tutta la nostra classe dirigente che, ad ogni livello, è diventata esperta di epidemie, così da proporre soluzioni spesso in discordanza con l'autorità centrale. Tutto ciò non ha evitato che alla prima fase della pandemia ne sia succeduta una successiva. Molte domande, pertanto, sono ancora attuali e ad esse dovremmo dare una risposta più netta. Nel nostro Paese, sotto la spinta di legittimi interessi, si sta cercando di controllare l'epidemia da un lato e l'economia da un altro. La sintesi di tutto ciò può essere riassunta in "non si muore solo di Covid ma anche di fame". Sembra una affermazione corretta, ma dimentica che l'unico nemico che abbiamo di fronte e che dobbiamo sconfiggere nel minor tempo possibile è il virus. Solo la sua eradicazione in tempi brevi è la nostra salvezza, senza dimenticare che la lotta deve essere planetaria per evitare che questa pandemia duri decenni.
Questo è anche il senso del pensiero di Angel Gurria che è alla guida dell'Ocse e consiglierei di leggere. Il politologo Parag Khanna poi ci spiega perché il virus in Estremo Oriente è sotto controllo e non è una questione di autoritarismo. Il segreto: velocità di risposta di governi, competenza e trasparenza delle decisioni. Fiducia dei cittadini in chi li governa. Classi dirigenti responsabili e preparate.
ANTONIO BARRACCA
Medico Cagliari