È l'alimento simbolo della cultura cristiana che infatti lo celebra come il corpo di Cristo, cibo sacro e quasi mistico al centro di proverbi e detti popolari che dalla notte dei tempi rallegra le nostre tavole. Non avere il pane, nel nostro immaginario, equivale a non avere più niente. Ad avere perso tutto. Alla miseria più nera.

Panettieri coraggiosi - E anche l'epidemia di Covid-19 si è dovuta rassegnare, togliendoci tanto, ma non il pane appunto, l'ultima cosa alla quale siamo disposti a rinunciare. «Stiamo dando un servizio, incassiamo un quarto rispetto a prima ma siamo sempre qui, aperti dalla mattina presto, perché la gente continua a comprarlo, vuole il pane fresco in casa e io li capisco». Giorgio Picasso, 67 anni, è al banco della sua storica panetteria di via Cocco Ortu a Cagliari, proprio di fronte al Mercato. Accanto a lui c'è l'inseparabile moglie Lina Isola, che ha sposato 45 anni fa. Da allora, tutti i giorni, hanno aperto la loro rivendita di pane fresco e continuano a farlo anche in queste settimane surreali. «Se abbiamo paura? In realtà no anche se forse c'è ancora troppa gente in giro. Stiamo attenti, facciamo entrare i clienti uno alla volta. Ma davvero non lo facciamo per i soldi. Sentiamo il dovere di esserci».

Resistenza alla paura - Quella di Giorgio e Lina è una spontanea forma di resistenza alla paura, un lampo di normalità che riscalda il cuore in questi tempi cupi. La stessa ragione che ha spinto Riccardo Puddu, 28 anni, titolare del Pan Cafè di piazza Repubblica, a tenere le serrande sollevate. «La situazione dal punto di vista economico è tragica, il bar è chiuso da mercoledì scorso ma dopo due giorni di riflessione ho deciso di riaprire la panetteria. Compro 80 euro di pane e ne vendo 90 ma lo faccio perché qua ci sono tantissimi anziani e non mi va che vadano al supermercato a fare la coda e un po' anche per non deprimermi a casa. Lavoro qui da 12 anni, sembra un film ma teniamo duro. Abbiamo i dipendenti in cassintegrazione, ci hanno sospeso i pagamenti fiscali e con l'affitto per due mesi reggiamo».

Anziani a spasso - Giorgio Secci invece arriva tutti i giorni da San Gavino, col carico di pane, focacce e pizzette che poi vende col collega Luca Zinzula nel panificio dei fratelli Marteddu a due passi dal liceo Dettori. «Parto alle 5.30 e alle 7.30 alziamo le serrande - racconta -, il viaggio è surreale: in strada si vedono solo camion. Inizialmente abbiamo raddoppiato gli incassi, poi sono calati ma stiamo comunque lavorando meglio di prima. Ci sono clienti, specie anziani, che vengono anche due volte al giorno pur di farsi la passeggiata. Noi li rimproveriamo ma non si rendono conto della gravità della situazione, forse perché non hanno l'impatto dei social».

Pianti e rimbrotti - Dietro il banco del Re del Pane di viale Sant'Avendrace in questi giorni Carla Pisu si sente un po' anche psicologa: «Sabato una cliente è scoppiata in lacrime - rivela -, ripeteva "ma cosa ci hanno fatto". Poi è entrato un anziano senza mascherina che ha iniziato a tossire accanto a un altro cliente, l'ho rimproverato e lui c'è rimasto malissimo. Mi sono sentita in colpa, ma che potevo fare? La verità è che qui siamo in trincea ma sia chiaro: noi non abbiamo intenzione di mollare».

Massimo Ledda

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