Lui è morto improvvisamente nel 2016, dopo che per tanti anni avevano condiviso gioie e dolori sotto lo stesso tetto.

Pochi mesi dopo lei si è vista recapitare una lettera da un avvocato: scriveva per conto dei parenti del compagno e le intimava di liberare l'abitazione - di proprietà del defunto - perché doveva essere venduta.

Ma Sonia, il nome è di fantasia, si è rivolta a un legale e alla fine ha ottenuto dai giudici del Tribunale di Cagliari il diritto a restare nella casa in cui aveva vissuto insieme all'uomo con cui avrebbe voluto invecchiare. Per almeno altri 5 anni nessuno la potrà cacciare. E lei avrà tutto il tempo di trovare una soluzione dignitosa e riallacciare i fili della sua vita.

PRIMO CASO IN SARDEGNA - È il primo caso noto di applicazione in Sardegna del diritto di abitazione del convivente superstite introdotto con la legge Cirinnà, che ha riconosciuto legalmente le coppie omosessuali e regolamentato le relazioni al di fuori del matrimonio. Una vicenda che, come spiega l'avvocato della donna Luisa Pigliaru, "può forse servire ad aiutare le persone che si dovessero trovare nella stessa situazione". Una situazione decisamente complicata, sia dal punto di vista legale che soprattutto emotivo.

LA STORIA - Lei e il compagno, un brillante libero professionista cagliaritano, si erano conosciuti negli anni '90. Dopo alcuni anni di fidanzamento la decisione di andare a vivere insieme, nella bella casa di lui in città. Una convivenza solida, che col tempo si era fortificata. Una coppia felice che condivideva tutto: amici, interessi, vacanze. Soprattutto la quotidiana fatica del vivere. Non erano formalmente sposati ma erano come marito e moglie, niente di più e niente di meno. Una condizione comune a tantissime coppie sarde.

LA MORTE E LA CAUSA - Lo scorso anno però la morte improvvisa del convivente ha cambiato tutto. E ad amplificare il dolore è arrivata anche quella lettera ricevuta qualche mese dopo il funerale. "Attraverso un legale - spiega l'avvocato Pigliaru -, i familiari del compagno hanno intimato alla mia assistita di liberare la casa di cui sono e restano eredi. La loro intenzione era infatti quella di venderla immediatamente".

Poco dopo in Tribunale viene presentano un ricorso possessorio in cui, in qualità di eredi dell'immobile, i parenti del defunto sostengono che Sonia non ha alcun diritto a stare in quella abitazione. "Hanno contestato l'esistenza stessa della convivenza - spiega il legale - puntando sul fatto che la mia assistita non avesse la residenza formale a quell'indirizzo". Ne è nata una battaglia giudiziaria senza esclusione di colpi: "Sono state introdotte anche argomentazioni spiacevoli - prosegue l'avvocato Pigliaru -. Noi comunque ci siamo costituiti in giudizio e grazie ai testimoni e ai documenti abbiamo raccontato la vera storia di questa coppia, le tante difficoltà superate insieme. Ma abbiamo soprattutto dimostrato la presenza di tutti quei requisiti richiesti per far valere i diritti del convivente superstite: un legame affettivo stabile, la coabitazione in un'abituale dimora e l'assistenza reciproca morale e materiale".

IL VERDETTO - Alla fine, applicando il comma 42 dell'articolo 1 della Cirinnà - secondo cui "in caso di morte del proprietario della casa di comune residenza il convivente di fatto superstite ha diritto di continuare ad abitare nella stessa", "per un periodo pari alla convivenza se superiore a due anni e comunque non oltre i cinque anni" - il Tribunale le ha dato ragione. Ribadendo così un principio che in Italia ha fatto molta fatica ad imporsi a livello legislativo: la famiglia non è soltanto quella fondata sul matrimonio.

Massimo Ledda

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