Tre ore di colloquio col magistrato per ribadire l'estraneità sua e della Caritas ai presunti intrighi della coppia Rosa Contiello-Giampiero Cesarini. Don Marco Lai, direttore dell'ente diocesano di Cagliari, è entrato giovedì scorso nell'ufficio del pm Guido Pani, titolare dell'inchiesta sulla commercializzazione degli indumenti usati che dovevano essere distribuiti ai poveri e ai bisognosi. Compito, quest'ultimo, del quale si erano fatti carico i coniugi campani, che prelevavano gli abiti donati dai sardi sfruttando il logo della Caritas concesso loro proprio da don Lai. Marito e moglie però, secondo gli uomini del Nucleo investigativo della Forestale, ne avrebbero fatto un uso ben diverso da quello previsto. Gran parte della merce era stata rimessa in vendita saltando la trafila di igienizzazione obbligatoria e in spregio alla volontà solidaristica di chi quei vestiti aveva regalato.

Il sacerdote è stato ascoltato in qualità di persona informata sui fatti sull'accordo raggiunto con Cesarini e Contiello e sul funzionamento della raccolta, tasselli di un'inchiesta che, oltre la coppia napoletana, vede sotto accusa per truffa e traffico organizzato di rifiuti anche Andrea Nicolotti, responsabile del servizio mensa della Caritas diocesana del capoluogo, e l'imprenditore Guido Afflitto. Arrivato nel primo pomeriggio, don Lai ha spiegato al magistrato inquirente di aver condiviso l'idea alla base del "servizio" che avrebbero dovuto svolgere i coniugi, definita «positiva», e di aver acconsentito all'utilizzo del logo ritenendo potesse aiutare a raggiungere lo scopo finale: stimolare la solidarietà e far crescere la donazione degli indumenti. Il problema, e sul punto il testimone avrebbe ammesso una certa leggerezza, è il rapporto dei coniugi con la società "Eurofrip" di Casoria, alla quale marito e moglie secondo le accuse rivendevano anche la merce che sarebbe dovuta andare agli indigenti. Cesarini non era collaboratore, amministratore o titolare dell'azienda ma un semplice "cliente" che cercava di vendere indumenti. Perché allora dare il servizio a lui e non ad altri? La coppia, questa la spiegazione, già raccoglieva l'olio esausto della Caritas. C'era una conoscenza preesistente ed era stato facile affidar loro anche quel servizio.

È anche emerso che già nel 2013 l'ente benefico aveva siglato un'intesa con l'Anci Sardegna (l'associazione dei Comuni) per stimolare la raccolta dei vestiti usati. Si era discusso della costituzione di una cooperativa, la "Concordia", che avrebbe dovuto lavorare nell'Isola per ritirare, trattare e distribuire ai poveri gli indumenti, la cui parte impossibile da regalare (perché usurata) sarebbe dovuta essere spedita al macero. Altra parte sarebbe stata recuperata per ricavarne stracci. Il progetto non aveva avuto seguito, poi era comparso Cesarini che però, secondo le accuse, vendeva tutta la merce: significativo quanto accaduto a una società di Fonni i cui abiti nuovi, regalati alla Caritas per la chiusura delle attività, erano in procinto di essere spediti in Campania per la vendita. Proprio dal sequestro del tir con gli indumenti, il 6 gennaio, era venuta a galla l'esistenza delle indagini.

Ma gli inquirenti nei giorni scorsi hanno sentito anche altre due persone come persone informate sui fatti: don Angelo Pittau, direttore della Caritas diocesana di Ales-Terralba, e Sandro Broccia, sindaco di Mogoro. Il primo nel 2015 aveva stipulato con Cesarini e Contiello un accordo identico a quello dell'ente cagliaritano (l'uso del logo per la raccolta esclusiva degli indumenti usati); al primo cittadino è stato chiesto di chiarire come mai la sua amministrazione avesse dato alla coppia il benestare a sistemare sul suo territorio i cassonetti per la raccolta. Contentori mai arrivati solo perché sequestrati prima dalla Forestale a Macchiareddu. Don Pittau ha spiegato che marito e moglie si erano presentati ed era stato sottoscritto l'accordo (poi risolto con l'intervento dell'avvocato Luca Sannio); Broccia ha negato l'esistenza di accordi col Comune sostenendo si fosse trattato di una iniziativa degli uffici. L'inchiesta è in via di conclusione.

An. M.

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