Houston, cuore del Texas, profondo sud dell'America dei cowboys. I grattacieli qui si inerpicano nel cielo quasi quanto i fenicotteri sullo stagno di Santa Gilla. Nelle vette di questi palazzi a cento piani, però, le ali rosa si schianterebbero sulle insegne a caratteri cubitali delle grandi industrie petrolifere. A due passi dal colosso BHP, 80.000 dipendenti, petrolio e miniere a gogò, c'è la sede di Tricon Energy ltd, un colosso mondiale della chimica. Reed Business Information, il numero uno degli analisti di affari chimici, ha assegnato alla società texana il terzo posto tra i più grandi distributori a livello mondiale per vendite e in cima alla lista in America Latina. E' qui, in quel grattacielo di cristalli neri, al numero 777 di Oak blvd, nella suite 550, che in queste ore si sta consumando uno degli ordini chimici più segreti della storia della Sardegna industriale. Per l'Eni si tratta di un acquisto "ordinario" di soda caustica nel mercato internazionale, i documenti dicono tutt'altro.

Fuga di documenti

La cyber security non è riuscita a controllare la fuga di notizie su quell'ordine che doveva restare blindato nelle segrete stanze del mercato chimico mondiale. La scorsa settimana abbiamo pubblicato il documento esclusivo sul mandato di acquisto e pagamento che l'Eni, attraverso la Conti Vecchi S.p.A., ha concluso con la "Chimica Assemini", una società con zero dipendenti, zero produzioni e inesistenti commercializzazioni di prodotti chimici. Una società di fatto minuscola che pare godere di santi in paradiso se è riuscita a vendere al colosso dell'Eni, attraverso la Conti Vecchi S.p.A. di Assemini, la bellezza di 572 mila euro di soda caustica nonostante non ne avesse mai venduto e commercializzato nemmeno un litro.

Domande caustiche

Per quale motivo la società dell'Eni ha effettuato quell'acquisto da una sconosciuta società con sede in via del Brennero a Pisa con appena tre mesi di vita? Per quale motivo un colosso come l'Eni si è dovuto rivolgere ad una società costituita il 15 dicembre del 2020 per comprare quella soda caustica? I quesiti non trovano risposta compiuta nell'affermazione secondo la quale si tratterebbe di una compravendita «ordinaria». Per un colosso petrolifero come l'Eni, con il gold share dello Stato, la giustificazione è troppo flebile per non meritare un approfondimento nei meandri dei palazzi. In ballo c'è il futuro dell'ultima presenza industriale dell'Eni in Sardegna, quella di Macchiareddu, e delle modalità con le quali il gigante a sei zampe sta cercando di andarsene. Chi realmente ha comprato quella nave di soda caustica? Quali giri commerciali sono stati fatti per far arrivare, alla sconosciuta "Chimica Assemini srl" e poi alla Conti Vecchi di Santa Gilla, quelle 5.000 tonnellate di Soda caustica?

Il blitz di Port Said

Il blitz documentale avviene alle 6.28 del 18 marzo. A Port Said, in Egitto, porto industriale per eccellenza, nel Magreb orientale, è appena arrivata la motonave YM Venus. Una nave cisterna che batte bandiera di Malta. E' in quel momento che i terminali di Houston cominciano a battere i codici clienti, i percorsi, il carico e i destinatari finali. Vettore chimico per eccellenza, categoria petrolifera, 105 metri di lunghezza, 16 di larghezza. Una sorta di chiatta navigante capace di trasportare una montagna di prodotti chimici, tossici come pochi. In questo caso il carico è di soda caustica, un prodotto caustico come il nome. Un reagente dall'impiego illimitato, dalla sintesi di coloranti alla fabbricazione della carta, sino ad arrivare agli utilizzi industriali più disparati.

Documenti che scottano

I documenti scottano, come la soda caustica trasportata dalla Venus. Ci sono gli originali, cifrati con i codici di partenza e i porti di arrivo. La prima destinazione è Priolo, Italy. L'attracco è al pontile industriale dell'Isab, porto di Augusta. Da scaricare ci sono 4.226 tonnellate di «liquid caustic soda». L'approdo nel porto siciliano è nel cuore della notte, all'1 e 18 del 23 marzo. E' qui, in terra di petrolio e raffinerie, che cominciano a franare i muri imperscrutabili su quella compravendita chimica. Le bolle di transito entrano nelle mani di più soggetti, sino a raggiungere le pagine della nostra inchiesta. Il documento di cui siamo entrati in possesso è esplicito: la texana Tricon di Houston ha comprato la soda caustica in Egitto, a sua volta l'ha venduta alla Società Chimica Fedeli, una delle consorelle del gruppo Todisco, lo stesso che vuole comprare il sito di Macchiareddu. Nello stesso documento, però, c'è scritto esplicitamente che la Chimica Fedeli, 100% Todisco, ha acquistato quel quantitativo in favore nientemeno che della «Società Chimica Assemini», 80% Todisco, zero fatturato e nessuna produzione.

Imbarazzo

Il passaggio successivo, contenuto nei documenti segreti, è ancor più imbarazzante visto che la neofita «Chimica Assemini» risulta aver acquisito quella Soda caustica in favore del colosso «Contivecchi S.p.A». Per quale motivo quel carico di quella nave attraccata ieri mattina a Livorno per l'ultimo trasbordo è passato nella titolarità di tre soggetti diversi per arrivare, alla fine, alla «Conti Vecchi» di Macchiareddu? Come è possibile che un colosso come l'Eni non abbia acquistato quella soda caustica direttamente dal gigante della Tricon come risulterebbe sia sempre avvenuto in passato? Il doppio passaggio, documentato, tra le società di Todisco, prima con la «Società Chimica Emilio Fedeli» e poi con «Chimica Assemini» rappresenta un caso rilevante che rischia di far aprire un'immediata verifica interna all'Eni anche rispetto al codice etico che su acquisti e procedure di acquisto ha disposizioni stringenti, a partire dalla selezione degli interlocutori per l'acquisto non solo di materie prime.

La lente di Descalzi

Di certo è difficile immaginare che la società guidata dal potentissimo Claudio Descalzi sia stata costretta ad acquistare quel prodotto da una società senza alcuna storia quando, invece, poteva interloquire direttamente con il traider internazionale. E' impossibile credere che la «Società Chimica Assemini», con nemmeno 100 giorni di vita, sia riuscita a spuntare con la texana Tricon, attraverso la «Fedeli», prezzi più vantaggiosi di quanto avrebbe potuto fare l'Eni da solo. Un capitolo che necessariamente finirà sul tavolo dei vertici dell'ente di Stato per capire cosa realmente stia avvenendo in questo intreccio di rapporti tra la Todisco e l'acquisto del Cloro-Soda di Macchiareddu. Sul versante cessione, intanto, si aprono altri due fronti che potrebbero minare la trattativa.

L'affare solare

In ballo c'è l'affare fotovoltaico. L'Eni ha chiesto ed ottenuto dalla Regione nel 2017 l'approvazione di un impianto fotovoltaico da 26 megawatt realizzato nell'area del deposito costiero. I pannelli non risultano, però, in cessione alla "Chimica Assemini". All'interno dei patti, infatti, quei 105 ettari di fotovoltaico resterebbero nella piena disponibilità di Eni. Un elemento che metterebbe in discussione l'autorizzazione "solare". La Regione aveva, infatti, subordinato la concessione energetica all'autoproduzione, ovvero, quell'energia prodotta da quei pannelli doveva essere direttamente utilizzata dagli impianti del Cloro-soda. E' chiaro che se la fabbrica verrà ceduta ad un soggetto terzo verrà meno l'autoproduzione e contestualmente la stessa autorizzazione al parco fotovoltaico. Anche in questo caso, come per la concessione delle saline, venendo meno l'unitarietà di energia e produzione, verrebbe meno la stessa autorizzazione alla produzione di energia elettrica.

Pontile e bonifiche

Sull'operazione Eni - Todisco pende, poi, l'ultima tegola, quella del Mega Pontile al confine tra Cagliari e Capoterra. Quell'accumulo di ferro sospeso in mezzo al mare, secondo le comunicazioni di Eni, dovrebbe passare alla neonata «Società Chimica Assemini». Sulla cessione del Pontile, però, c'è un problema imponente come quella lama di ferro e acciaio infilzata nel bel mezzo del Golfo degli Angeli. Il tema è delicato e riguarda le garanzie ambientali sullo smantellamento di quell'infrastruttura. In questi casi l'Eni risponde con proprie garanzie all'eventuale dismissione di quel pontile, provvedendo al ripristino integrale dei luoghi. E' evidente che se ci sarà un passaggio di proprietà, automatica dovrebbe esserci la sottoscrizione di nuove fideiussioni a favore dell'Autorità Portuale e dei soggetti preposti per garantire e ripagare eventualmente la demolizione e il ripristino del sito. Non quisquiglie, ma decine di milioni di euro. Provvederà la «Chimica Assemini» a pagare le garanzie? La partita è in alto mare. Le rappresentanze unitarie di fabbrica non si fidano e invocano il codice etico. Il giro largo della Venus e gli affari dal Texas a Macchiareddu, sono un macigno troppo grande per passare inosservati nelle saline di Santa Gilla.

Mauro Pili
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