Si è assunto la responsabilità di aver tenuto segregato l'ostaggio ma ha detto di essere stato costretto a farlo perché la richiesta arrivava da chi gli aveva già ucciso un fratello e una sorella; poi ha smentito la vittima del rapimento raccontando di essere stato lui a liberarla: "senza di me - ha aggiunto - non ce l'avrebbe mai fatta". Così, in aula, davanti ai giudici del Tribunale di Sassari, il presunto carceriere di Titti Pinna, l'allevatore di Sedilo Salvatore Atzas, che stamane ha rilasciato una dichiarazione spontanea. Una deposizione di circa dieci minuti, la prima dopo il clamore suscitato all'inizio del processo quando chiese la parola, dietro le sbarre della gabbia dove siedono gli imputati, per dire: "Il signor Pinna l'ho liberato io". Poi il silenzio, fino all'udienza di stamane.    

LE DICHIARAZIONI DI ATZAS. Secondo il racconto di Atzas, Pinna gli fu portato all'ovile di Sedilo due giorni prima della liberazione, ma ha fatto capire che non intende svelare i nomi delle persone che accompagnavano l'ostaggio e che lo avrebbero costretto ad accettare di avere un ruolo nel sequestro. "Qualcuno lo conosco - ha detto in aula - però a me mi hanno già ammazzato un fratello e una sorella (vittime della faida di Sedili)". "Per due notti non ho dormito - ha proseguito l'imputato - poi ho deciso, rischiando il tutto e per tutto, di liberare il signor Pinna. Sono felice che sia tornato a casa dai suoi cari, spero che sia tranquillo e anche io spero di morire tranquillo".

LA LIBERAZIONE DI PINNA. Atzas ha quindi ricostruito le fasi della liberazione, smentendo le dichiarazioni del rapito che ha sempre sostenuto di essersi liberato da solo. "Sono entrato nella tana di sera, ho prima cercato di forzare il lucchetto della catena stretta intorno al collo ma non ce l'ho fatta. Ho quindi lavorato sul fil di ferro che univa la catena al muro e sono riuscito a spezzarlo. Pinna non si sarebbe mai liberato da solo. Anche senza le catene non è uscito dalla tana. Sono stato io, l'indomani mattina, a togliere la balla di fieno che ostruiva l'ingresso e poco dopo lui è uscito".

ATZAS HA CERCATO DI SCAGIONARE IL FIGLIO E BARRANCA. L'allevatore ha tentato di scagionare il figlio di 14 anni e il suo coimputato, Natalino Barranca, sostenendo di averli fatti allontanare in auto, la mattina della liberazione, perché non vedessere uscire l'ostaggio. Quanto all'ovile di Lochele di proprietà di Atzas, dove Pinna - secondo l'accusa - avrebbe fatto una prima sosta e da lì avrebbe chiamato i suoi familiari, l'imputato ha contestato gli elementi raccolti contro di lui smentendo la presenza di maiali nell'ovile (particolare segnalato da Pinna) e il fatto che la zona sia coperta dal gestore telefonico da cui risulta partita la chiamata alla zia dell'ostaggio.                                                                          
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