Ranieri, le lacrime e la grinta di un "omine balente" - Il video di Lorenzo Piras

16 gennaio 2023 alle 17:32

Quelle lacrime non mentono, quella compostezza è l’emblema di un cambio di passo e di stile imposta a una squadra che ha deragliato dai binari degli obiettivi stagionali.

Per chi c’era anche 31 anni e mezzo fa, Claudio Ranieri è sembrato lo stesso. Giusto qualche capello bianco in più, ma il portamento da “capovillaggio”, ruolo subito riconosciuto dalla tifoseria al tecnico di Testaccio, è lo stesso.

Certo, oggi parla con lo Smart Watch per segnarsi gli appunti della partita, urla meno, non si sbraccia come quando doveva far capire a Paolino e Provitali determinati movimenti in campo. Ma la compattezza della difesa, il gioco in velocità sulle fasce, la predisposizione al sacrificio da parte di tutti sono un marchio di fabbrica già noto. A benedire il suo ritorno, sabato, tra i 16 mila della Domus, c’erano anche Gianfranco Zola e una parte della famiglia Orrù, cioè la proprietà con cui trascinò in A il Cagliari, poi salvandolo, tra il 1988 e il 1991.

Riuscirà Sir Claudio nella sua nuova impresa rossoblù? Saranno i risultati a dirlo. A cominciare dal match sabato col Cittadella. Un fatto è certo: rubiamo e attribuiamo a Ranieri le parole che l’antropologo Bachisio Bandinu utilizzò per Gigi Riva, nella certezza che la società del presidente Giulini si sia affidata a un “omine balente”. Definizione che in Sardegna ha un significato ben più vasto dell’ambito calcistico.