Giallo di Tuvixeddu, con chi era Manuela Murgia? Dal dna la svolta possibile
«L’ipotesi della precipitazione non coincide con i dati oggettivi emersi dall’indagine di sopralluogo e medico legale». Roberto Demontis, professore di medicina legale all’Università di Cagliari, ritorna sui punti chiave degli accertamenti sulla morte di Manuela Murgia, la ragazza trovata del canyon di Tuvixeddu a Cagliari il 4 febbraio 95.
La perizia di Demontis ha evidenziato che le lesioni riscontrate sulla vittima non sono compatibili con la caduta (suicidio o omicidio) dal costone del canyon: «nessuna frattura cranica e delle gambe, nessuna escoriazione del volto, non ci sono emorragie cerebrali».
Con il ritrovamento degli abiti di Manuela si aprono nuovi filoni di indagine: «le tracce biologiche potrebbero portarci alle persone che hanno avuto contatti con la vittima, un’indagine sui residui di erba e terriccio servirà ad accertare se sono compatibili col luogo dove è stato trovato il corpo»
Sull’ipotesi di violenza sessuale Demontis chiarisce: «mancano le ‘’lesioni di accompagnamento’’, tra queste le ecchimosi sulla parte interna delle cosce. Dalle escoriazioni rilevate si sarebbe trattato di un rapporto sessuale energico, ma non violento»
Ma come è morta Manuela? «Potrebbe aver cercato di allontanarsi velocemente. Non indossava la canottiera, che portava sempre. Qualcuno potrebbe averla trattenuta, rompendole la cinghia dei pantaloni. La fibbia non è mai stata trovata. Potrebbe essere stata raggiunta con un’auto e investita. Poi il corpo è stato abbandonato nel canyon».
Cosa si aspetta da un’eventuale riesumazione? «Potremmo recuperare frammenti ossei da cui estrarre il DNA. Da confrontare con quello trovato sugli indumenti e avere elementi sulla presenza di altre persone».
Il professor Roberto Demontis è intervenuto a Radar, su Videolina.