A Venezia, dove si salvano le tartarughe dell'Adriatico

09 agosto 2025 alle 14:25
Venezia, 9 ago. (askanews) - Proteggere cetacei e le tartarughe marine che sono presenti nell'Adriatico: questo è stato l'obiettivo di NETCET, progetto internazionale finanziato dall'Unione Europea, che tra il 2012 e 2016 ha riunito 12 partner e cinque Paesi che si affacciano sull'Adriatico. Tra le varie azioni messe in campo e ancora in essere dopo 10 anni, il progetto ha permesso la nascita di un centro di primo soccorso per tartarughe marine, realizzato all'interno del Centro Morosini al Lido di Venezia, tra Malamocco e gli Alberoni: una zona strategica, tra mare e laguna, facilmente raggiungibile via terra e via acqua. Qui gli esemplari vengono accolti dal personale specializzato, monitorati, visitati da un veterinario e se necessario, trasferiti in altri centri. La proprietà è del Comune di Venezia ed è gestito dal Museo di Storia Naturale Giancarlo Ligabue, che ha avuto un ruolo centrale nella stesura del progetto e nella consulenza e pianificazione scientifica. Il centro lavora in stretta collaborazione con il Coordinamento Tartarughe Marine del Litorale Veneto e l'obiettivo di NETCET e Museo di Storia Naturale di Venezia è portate più conoscenza, più strumenti, più consapevolezza per difendere la biodiversità del nostro mare, oltre a progetti di comunicazione e diffusione di buone pratiche. Tra queste, ecco le linee guida da seguire nel caso di rinvenimento di tartarughe:"La cosa da fare - ci ha spiegato Luca Mizzan, responsabile del Museo di Storia Naturale - è chiamare immediatamente la Capitaneria di porto, la Guardia costiera, che è competente a livello nazionale per questi animali che sono specie protette, per cui non si possono toccare senza autorizzazione. Quindi anche i volontari, anche la buona intenzione va fatta cum grano salis: occorre chiamare la Guardia costiera e farsi dare indicazioni. Tenere l'animale all'ombra se c'è sole, metterci sopra uno straccio bagnato, quindi tenerlo all'ombra, tenerlo idratato. Non si deve tentare di togliere i balani, come purtroppo si vede fare spesso sui social, non si deve fare né col coltello né con le unghie né con niente perché si feriscono gli animali che stanno già male e così possono avere infezioni".Una volta soccorse, le tartarughe vengono portate nel centro e curate. "L'animale - ha aggiunto Mizzan - viene messo in acqua dolce, così si reidrata, perché spesso sono disidratati anche se stanno in acqua perché hanno bisogno di acqua dolce e se è molto che non mangiano, non bevono anche. E stando in acqua dolce i balani muoiono e si staccano da soli in pochi giorni. Poi l'animale viene gradualmente riportato in acqua salata". Oltre che di soccorso agli animali in difficoltà, il centro veneziano è anche un luogo di ricerca e di studio, che monitora i flussi migratori e si prende cura della biodiversità su scala più ampia "L'importante - ha spiegato Nicola Novarini, zoologo del Museo di Storia Naturale - è riuscire a capire esattamente qual è il percorso e implementare delle misure di conservazione che possano influenzare gli animali su tutto il loro percorso vitale. Quindi durante la migrazione in particolare legati alla pesca ma anche all'inquinamento, a tutti quei fattori che possono, diciamo, minare la loro salute durante il movimento. Quindi non solo proteggiamo i nidi e non solo le proteggiamo quando le troviamo spiaggiate qui mentre mangiano".Forse un'altra delle cose che questo centro ci racconta è che l'impegno per la salvaguarda degli ambienti naturali e degli ecosistemi riguarda tutti noi, non solo certi luoghi esotici o lontani, è parte della nostra realtà di ogni giorno e forse dovremmo acquisirne più consapevolezza.