L’intervento.

«Voto alto al pallone sardo» 

Cadoni: nell’Isola quasi tremila squadre e cresceremo 

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Il calcio sardo è «in ottima salute», la pattuglia delle società isolane è cresciuta di 45 unità e «siamo prossimi alle 500» per un totale di «quasi 3mila squadre» nei dilettanti giovanili comprese. Un «esercito importante» soprattutto dal punto di vista «sociale», perché ogni club è «un punto di riferimento» solido per la comunità. Anche in Serie D le cose vanno meglio, «l’esperienza dell’anno scorso è servita di lezione». Insomma, il voto al pallone isolano è alto.

I propositi

È quanto sostenuto da Gianni Cadoni, presidente del Comitato regionale Sardegna della Federcalcio (nonché vice presidente della Lega nazionale dilettanti), ospite ieri su Radiolina della trasmissione L’Informatore sportivo condotta da Alberto Masu. Il massimo dirigente, rispondendo alle domande di Masu e di Enrico Pilia, capo della redazione sportiva dell’Unione Sarda, ha parlato di giovani, impianti, regole, arbitri, passato e futuro per concludere con due propositi: arrivare nel 2026 ad avere «davvero una squadra in ogni paese» ed eliminare del tutto gli episodi di violenza dai campi, «pochi ma presenti».

Il sociale

L’aspetto sociale «è molto importante per la Federazione», ha spiegato Cadoni, e la presenza di una squadra crea un forte «senso di appartenenza». Così l’obiettivo è «fare in modo che ogni comunità ne abbia una». Oggi «circa 280 Comuni ne hanno una o più» per un totale di «circa 50mila tesserati: vuol dire che in Sardegna una persona su 40 ha una maglia della Lnd. Un grande risultato».

I campi

Resta lo storico problema degli impianti sportivi, spesso assenti oppure inutilizzabili, inadeguati o in parte inagibili. «Mi chiedo spesso come facciano ad andare avanti i dirigenti senza il campo», conferma il presidente. Il Sant’Elena gioca in Eccellenza e non ha un suo impianto «da dodici anni», il Pirri «deve andare a Pula», il Quadrivio di Nuoro «va adeguato», a Cagliari diverse squadre ne devono condividere uno e anche l’Alghero a lungo è stato privo di un terreno di gioco. «Però negli ultimi anni c’è stato uno scatto», sostiene Cadoni, «la Regione su stimolo nostro e del presidente del Coni Bruno Perra ha riconosciuto fondi e l’uso del sintetico ha risolto molti problemi. La nostra Federazione in questi giorni ha erogato contributi alle società che giocano perennemente in trasferta ma sono piccoli aiuti rispetto a quel che servirebbe. È necessario adeguare i campi esistenti e farne altri. Sono sempre fiducioso, spero che nei prossimi anni si possa migliorare».

I giovani

Ma il futuro è soprattutto dei giovani, «che devono giocare». Il ritorno dei fuori quota in Eccellenza e Promozione la dice lunga: «La scorsa stagione non c’era l’obbligo di schierarli e solo due società li usavano, così siamo tornati indietro. Senza giovani non si va avanti, bisognerebbe pensare più alla loro crescita che ai risultati». Come sta facendo il Cagliari in Serie A, «un progetto meraviglioso».

La Serie D

E come in Serie D fanno le squadre sarde. La Cos, il Budoni, il Latte Dolce che «quasi ogni anno gioca le finali regionali di Allievi e Giovanissimi» e ha in prima squadra «sette/otto giocatori delle giovanili». Il Monastir «partecipa a tutti i campionati organizzati dal nostro Comitato, dai Piccoli amici in su. Ha quindici, sedici formazioni. Sorprendente». Del resto «il settore giovanile è la base di tutte le attività dilettantistiche, consente di contare su uno zoccolo duro cresciuto in quell’ambiente». Il segreto forse del buon cammino dei cinque club in Quarta serie quest’anno. «Stanno andando bene, fanno rumore nelle parti alte della classifica, l’esperienza passata è servita. I presidenti sono capaci, appassionati, molti sono volontari che investono soldi e tempo. Gli sforzi per la D sono importanti».

La crisi

L’unica eccezione è l’Olbia, in crisi societaria e in zona playout. «Ma sono fiducioso», sostiene Cadoni, «il club ha una storia infinita, deve solo trovare qualcuno che ci punti fortemente. Servono i soldi e che li si spenda bene. È una piazza conosciuta a livello nazionale, tanti si avvicinerebbero. C’è anche un gruppo locale che vorrebbe il club». Sull’imprenditore Romi Fuke, che si è detto interessato a intervenire, il presidente è chiaro: «Rilevare solo il ramo d’azienda penso sia impercorribile. Ma la Federazione ha tutto l’interesse che la società prosegua il percorso, nel rispetto delle norme sportive e del codice civile».

I propositi

Infine i propositi per il nuovo anno. «Concludere il progetto sulla squadra in ogni comunità, anche dove il calcio non c’è più, ed eliminare del tutto la violenza».

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