Gli animi erano già caldi quando un mese fa il governo ha approvato la legge di bilancio, ieri la prima scintilla è stata accesa in piazza. Tra bandiere rosse, canzoni isolane e anche una “Bella Ciao” intonata dai vari gruppi arrivati da tutta l’isola, 400 pensionati sardi hanno riempito piazza del Carmine a Cagliari per dar contro a una manovra definita «iniqua, incapace di rispondere ai bisogni reali del paese». L’incontro, promosso dallo Spi Cgil è un preludio alla mobilitazione nazionale prevista per il 12 dicembre.
«Irrisorio»
Da un lato, il governo parla di risultati ottimi; dall’altro, sindacati e pensionati non ci stanno. Per Lorenzo Mazzoli, responsabile previdenza della Cgil nazionale, il primo nodo riguarda proprio il trattamento dei pensionati: la manovra non prevede una rivalutazione adeguata e gli incrementi annunciati sono «irrisori». «Le pensioni basse continuano ad essere troppo basse; sulle minime l’intervento previsto vale appena 3 euro al mese», spiega.
I numeri
In Sardegna il quadro è ancora più critico rispetto alla media nazionale: le pensioni minime sono il 13,1% del totale (contro il 10,9% in Italia), il 71,6% dei pensionati non arriva ai mille euro mensili (62% la media nazionale), mentre solo l’8,7% supera i duemila euro, a fronte del 14% nel resto del Paese. «Con salari bassi e carriere sempre più discontinue – continua - il rischio è che dopo 45 anni di contributi ci si ritrovi con una pensione inferiore ai mille euro netti. Questo porta i giovani a sentirsi traditi dallo Stato, perciò emigrano, e qui in Sardegna lo sapete bene».
«Fornero peggiorata»
Le nuove regole per la pensione preoccupano ulteriormente: «Nonostante la promessa di cancellare la legge Fornero, stanno facendo peggio – continua Mazzoli - Dal primo gennaio 2027 l’età pensionabile sarà aumentata di un mese, e dal 2028 l’incremento salirà a tre mesi. Contestualmente verrà abbassato il coefficiente di trasformazione e innalzata la soglia minima necessaria per accedere alla pensione. E ancora, cancellano quota 103 e Opzione Donna, peggiorando la già difficile condizione delle donne».
Fondi sottratti
Un altro nodo centrale riguarda il fiscal drag. «Negli ultimi tre anni sono stati sottratti 25 miliardi di euro a pensionati e lavoratori dipendenti, deve essere restituito» denuncia Mazzoli. Molti sono costretti ogni giorno a scegliere se curarsi, alimentarsi o riscaldarsi: in Sardegna il 17,2% rinuncia alle cure, il dato più alto d’Italia. «La manovra non prevede strumenti concreti per recuperare il potere d’acquisto dei redditi più bassi e rischia di spingere il sistema verso una progressiva privatizzazione dei servizi, in particolare della sanità».
«Adeguamenti subito»
Secondo Giacomo Migheli, segretario Spi Cgil Sardegna, occorre intervenire subito: «Chiediamo che tutti i pensionati vedano riconosciuto un aumento adeguato, che venga istituita la quattordicesima per chi ha meno di mille euro e che la rivalutazione sia legata all’inflazione reale. Senza questi correttivi, molti anziani continueranno a rinunciare alle cure e a vivere in condizioni di fragilità. Sono 6 milioni i poveri in Italia – ricorda – che vivono la decisione tra mangiare e curarsi come un’altalena quotidiana». Migheli denuncia inoltre la scelta del governo di destinare risorse alla corsa al riarmo: «23 miliardi nei prossimi tre anni sarebbero stati più utili investiti nella sanità e nei servizi pubblici».
La patrimoniale
A fare eco alla protesta c’era anche Fausto Durante, segretario regionale della Cgil Sardegna. «La manovra scarica il costo sulle lavoratrici e sui lavoratori. Serve recuperare il potere d’acquisto, aumentare i salari e garantire stabilità ai giovani - spiega il dirigente sindacale - Basterebbe intervenire sulle grandi ricchezze: in Italia mezzo milione di persone dichiarano patrimoni da 1-2 milioni l’anno, un piccolo prelievo da loro potrebbe finanziare infrastrutture e welfare, senza che loro se ne accorgano». Durante richiama anche l’attenzione sulla solidarietà ai lavoratori dei silos dell’Eurallumina, «che difendono i posti di lavoro con scelte concrete».
Il 12 dicembre, conclude Mazzoli, «lo sciopero sarà un segnale importante: dobbiamo stare in campo e far sentire la voce di chi ogni giorno fatica a vivere dignitosamente».
RIPRODUZIONE RISERVATA
Questo contenuto è riservato agli utenti abbonati
Per continuare a leggere abbonati o effettua l'accesso se sei già abbonato.
• Accedi agli articoli premium
• Sfoglia il quotidiano da tutti i dispositivi
