Città del Vaticano. «Tutti i popoli, anche i più piccoli e i più deboli, devono essere rispettati dai potenti nella loro identità e nei loro diritti, in particolare il diritto di vivere nelle proprie terre; e nessuno può costringerli a un esilio forzato». Sono nette le parole che Leone XIV ha rivolto a una delegazione dell’associazione “Chagos Refugees Group” di Port Louis dell’Isola Mauritius, specificando che la loro vicenda «ha una forza simbolica sulla scena internazionale». Quello dei rifugiati delle isole Chagos è un caso emblematico e quanto mai attuale: la contesa su queste piccole isole nell’Oceano indiano, rivendicate dalla giovane repubblica di Mauritius ma occupate dalla Gran Bretagna alla fine della seconda guerra mondiale, si è finalmente risolta positivamente con un trattato approvato il 30 giugno scorso, raggiunto grazie alla mediazione della Corte internazionale di Giustizia e all’Onu.
Parole che arrivano dopo la Giornata di preghiera e di digiuno indetta per invocare la pace in Ucraina, a Gaza e negli altri scenari di conflitto. Il Papa ha invitato a contrapporre alla città dell’uomo, fondata «sull’amore per sé, il potere, il prestigio e il piacere», quella di Dio evocata da sant'Agostino, «fondata sull’altruismo, la giustizia, la carità e l'umiltà. Il futuro della prosperità umana», ha scandito Leone, «dipende da quale amore scegliamo per organizzare la società». A questo proposito, «se papa Francesco aveva evidenziato la necessità di una “diplomazia della speranza”, aggiungerei che abbiamo bisogno anche di una politica della speranza per un mondo più giusto ed equilibrato».
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