BERLINO. La frase chiave, allora, fu quella ricordata anni dopo da Angela Merkel nella sua autobiografia politica, nel capitolo dal titolo “wir schaffen das”, cioè «ce la facciamo»: il capitolo in cui lei racconta in prima persona lo scontro che si aprì in Germania sulla risposta data in conferenza stampa, il 31 agosto del 2015, sulla crisi dei rifugiati. A Berlino, dieci anni dopo, quelle “tre parole” sono occasione di molti bilanci, e meritano addirittura un anniversario, celebrato con una domanda: “Ce l'ha fatta” davvero la Germania a integrare i milioni di migranti arrivati nella Repubblica tedesca dalla svolta sui siriani quando Merkel, violando Dublino, spalancò le porte del Paese?
La risposta è complessa: comprende i miracoli dell'integrazione dove è ben riuscita, sì, ma anche il prezzo che una società un tempo ordinata ha pagato allo scontro culturale e politico, che ha fatto crescere l'estrema destra. Senza dimenticare le vittime degli attentati. Immagini contrastanti: la stazione di Monaco gremita di tedeschi venuti a portare cibo, coperte e abiti ai migranti; e la strage del mercatino di Natale a Berlino. Poi ci sono i numeri: dei rifugiati arrivati nel 2015, il tasso di occupazione nel 2022 era del 64%, in molti casi a tempo pieno. Oggi i rifugiati, col flusso dall’Ucraina, sono oltre tre milioni. E la locomotiva europea che ha fame di forza lavoro ha difficoltà a integrarli tutti.
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