Il conflitto

«L’Italia non è un obiettivo ma c’è il rischio lupi solitari» 

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C’è un senso di incertezza crescente, i fronti di guerra si moltiplicano, l’ombra di un conflitto globale si allunga sino alle nostre latitudini: «Ma in Italia, in Sardegna per ora non si corrono rischi diretti legati agli scontri militari esplosi su più versanti», spiega Gianluca Borzoni, docente di Storia delle relazioni internazionali in Scienze politiche a Cagliari. «Siamo davanti a tensioni consolidate che vengono da lontano. Ora sono deflagrate».

Com’è avvenuto con l’attacco degli Stati Uniti all’Iran.

«Bisognerà capire qual è la reale capacità di risposta di Teheran, che peraltro ha già reagito. Il fronte aperto da Trump non è casuale: ha radici antiche, si lega ai problemi storici tra Usa e Iran. Così come è avvenuto tra Russia e Ucraina e tra Israele e Palestina».

C’è il rischio di un allargamento dello scontro, per esempio con l’appoggio della Russia all’Iran?

«L’azione americana non è stata apprezzata da Mosca, come ha fatto sapere il ministro degli Esteri Lavrov. Anche la Cina ha espresso il proprio disagio. Ma non credo che in questa fase la Russia abbia una volontà diretta a intervenire nello scontro tra Usa e Iran».

L’uso della forza sta prendendo il sopravvento sulle regole di convivenza internazionale.

«Per molto tempo si è avuta una percezione di sicurezza globale che in questa stagione è venuta meno. I problemi finivano come la polvere sotto il tappeto, ma nelle relazioni internazionali le questioni prima o poi si ripresentano e lo fanno in modo dirompente».

Si sta entrando in una dimensione senza regole: chi è più grosso vince?

«Chi è più grosso vince lo stesso, ma di solito lo fa con le strategie politiche o economiche. Solo che ora si sono rotti gli argini dell’azione armata. È stata la Russia a far saltare le regole con la mobilitazione militare contro l’Ucraina. Il resto sta arrivando a ruota».

Israele ha aperto un fronte drammatico a Gaza per poi puntare il mirino verso Teheran.

«Il rapporto era già precario: l’attacco di Hamas del 7 ottobre ’23 ha dato la motivazione a Israele per rompere la minaccia, con un’azione senza ritorno. A Gaza resta solo distruzione, non c’è futuro. Ora Netanyahu attacca l’Iran che considera la madre di tutte le filiazioni anti-israeliane».

L’Europa è ai margini dello scacchiere internazionale?

«L’Unione europea sta cambiando pelle, come nel caso del riarmo, anche se lo fa con dinamiche interrotte e linee politiche incerte. L’elemento positivo è il riavvicinamento alla Gran Bretagna, ma restano le posizioni diverse nel gruppo dei 27. A est si guarda più a Mosca che a Bruxelles e questo non aiuta».

L’Italia non ha ancora imboccato una strada definitiva sulla politica estera.

«Non è chiara la linea sul riarmo, come non è chiaro il rapporto con gli Stati Uniti. Nel frattempo Roma resta ai margini dell’asse strategico tra Gran Bretagna, Francia, Germania e Polonia».

I venti di guerra in arrivo dall’Iran possono portare conseguenze in Italia?

«Non ci dovrebbero essere pericoli diretti, perché l’Italia ha buoni rapporti con molti paesi mediorientali, a partire proprio dall’Iran. Anzi, è auspicabile che Roma si ritagli un ruolo di mediazione diplomatica. In questa fase l’Italia dovrà al limite guardare a una nuova dislocazione delle forze armate».

Nel nostro Paese ci sono migliaia di obiettivi sensibili.

«Sotto quel profilo sarà necessario rafforzare i livelli di protezione: quando si accende una miccia come la guerra, trovano terreno fertile i lupi solitari più delle cellule dormienti. Aumenta il rischio di azioni terroristiche improvvise, isolate».

Che ruolo ha la Sardegna davanti a questi scenari internazionali?

«La Sardegna ha una realtà militare importante: quando si alza il livello di allerta l’Isola è sempre presente. Ha un ruolo organizzativo, logistico, di passaggio di truppe. Ma non è un teatro militare diretto».

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