Il caso.

Criptovalute, sale il numero dei truffati 

Sono ormai oltre un centinaio gli investitori che hanno denunciato raggiri 

Per restare aggiornato entra nel nostro canale Whatsapp

La truffa delle criptovalute è un pozzo senza fondo, con oltre un centinaio di vittime tra Cagliari e provincia. E se in Procura da tempo si lavora a 36 fascicoli d’inchiesta per investitori che hanno denunciato di aver perso centinaia di migliaia di euro a testa (alcuni casi sfiorano o superano il mezzo milione), sulle cifre più contenute da qualche migliaio di euro il numero delle querele è enorme. Su ciascuna delle scrivanie dei magistrati del pool che si occupa di reati finanziari (i pm Enrico Lussu, Diana Lecca e Giangiacomo Pilia), tutti coordinati dall’aggiunto Paolo De Angelis, approdano ogni settimana una media di quattro o cinque procedimenti nuovi. Un bagno di sangue per tanti che, in qualche caso, hanno mandato in fumo i risparmi di una vita.

Gli investigatori

Buona parte delle indagini sono affidate alla Polizia Postale, ma molte vittime hanno formalizzato la loro querela nelle caserme dei carabinieri. Ogni denuncia ha generato un fascicolo contro ignoti per truffa e per violazione del testo unico per l’intermediazione finanziaria. E quello che emerge sembra essere un unico filo conduttore tra tutte le vittime: le società che hanno costruito i raggiri sono tutte estere. Le utenze telefoniche, invece, sarebbero intestate a extracomunitari non presenti nel territorio nazionale, oppure sarebbero numeri fittizi generati da speciali software. In qualche caso, inoltre, i truffati hanno segnalato di essere stati chiamati dal numero normalmente usato dalla propria banca (anche in questi casi sarebbero dei programmi a generarli). In molti casi, poi, i cybercriminali avrebbero fatto scaricare applicazioni sul telefonino e programmi sul pc, operando poi da remoto per prosciugare i conti.

Serve prudenza

Gli esperti raccomandano prudenza e diffidenza. Prima ancora di iniziare a operare con le criptovalute è necessario sincerarsi su siti ufficiali che la società o la app siano regolarmente iscritte agli albi speciali italiani: solo in questo caso, in caso di irregolarità, c’è la possibilità di recuperare qualcosa. In alternativa si stanno consegnando soldi a sconosciuti. Bisogna, poi, evitare sempre di entrare in circuiti paralleli che offrono prospettive di guadagno elevate e fittizie. Prima di fare bonifici controllare che l’Iban non abbia intestazione fuori dall’Unione Europea. Infine è necessario non fidarsi quando l’applicazione (o la società) inizia a pagare i primi interessi: potrebbe essere solo uno specchietto per le allodole per conquistare la fiducia e poi far scattare la truffa su cifre più consistenti.

RIPRODUZIONE RISERVATA

Questo contenuto è riservato agli utenti abbonati

Per continuare a leggere abbonati o effettua l'accesso se sei già abbonato.

Accedi agli articoli premium

Sfoglia il quotidiano da tutti i dispositivi

Sei già abbonato?
Sottoscrivi
Sottoscrivi