È da poco passata la mezzanotte e mezza quando, nella notte tra il 13 e il 14 settembre 1979, un Dc-9 dell'Ati precipita sui monti di Capoterra, a pochi chilometri dall'aeroporto di Elmas.

Sull'aereo, in servizio sulla rotta Alghero-Cagliari, viaggiano quattro membri dell'equipaggio (il comandante Salvatore Pennacchio, il suo secondo e due steward) e 27 passeggeri (9 erano diretti nel capoluogo sardo, gli altri sarebbero dovuti ripartire per Roma): muoiono tutti.

Il jet sarebbe dovuto arrivare a Cagliari all'1,05.

Quella notte le squadre di soccorso fanno fatica a raggiungere l'impervia zona della tragedia, la cresta di un costone roccioso a circa 600 metri d'altezza. L'utilizzo di alcuni elicotteri, che si alzano subito in volo, è inutile. Non ci sono superstiti ma solo un imponente incendio.

Poco prima dello schianto, il pilota si era messo in contatto con la torre di controllo che aveva segnalato all'equipaggio la presenza di un cumulo di nubi in prossimità dello scalo cagliaritano. Da qui una manovra che avrebbe dovuto portare l'aereo al di sopra della perturbazione. Da quel momento però il jet scompare dai radar della torre di controllo di Elmas.

In definitiva, durante l'avvicinamento allo scalo i piloti, a causa delle condizioni meteoreologiche avverse e della scarsissima visibilità, perdono del tutto l'orientamento.

In seguito al disastro, di cui la causa apparve subito chiara, i piloti e il controllore del traffico aereo furono ritenuti negligenti: i primi per aver commesso un errore così grossolano, il secondo per aver autorizzato un avvicinamento a vista di notte. Ritenuto penalmente responsabile anche il controllore di volo.

(Redazione Online/s.a.)

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