#AccaddeOggi: 19 luglio, la strage di via D'Amelio

19 luglio 2023 alle 07:01

Sono le 16.58 del 19 luglio 1992 quando un boato squarcia la quiete di un pomeriggio estivo in via Mariano D'Amelio 21 a Palermo, sotto il palazzo dove all'epoca abitavano Maria Pia Lepanto e Rita Borsellino, madre e sorella di Paolo, magistrato antimafia.

A saltare in aria è una Fiat 126 rubata con circa 90 kg di esplosivo telecomandati a distanza.

Lì c'è proprio Paolo Borsellino, appena arrivato per andare a visitare la madre e la sorella. Il giudice muore così come cinque agenti della scorta: Agostino Catalano, Vincenzo Li Muli, Walter Eddie Cosina, Claudio Traina ed Emanuela Loi. Quest'ultima poliziotta sarda di Sestu, prima donna a far parte di una scorta e prima donna della Polizia di Stato a cadere in servizio. 

L'unico sopravvissuto è l'agente Antonino Vullo, primo testimone a raccontare la vicenda: "Borsellino e i miei colleghi erano già scesi dalle auto, mentre io ero rimasto alla guida. Stavo facendo manovra per parcheggiare la vettura che si trovava alla testa del corteo. Non ho sentito alcun rumore, niente di sospetto, assolutamente nulla. Improvvisamente è stato l'inferno".

E' il secondo attentato in pochi giorni di Cosa Nostra, siamo nel pieno della strategia stragista di Totò Riina e dei corleonesi. Appena due mesi prima avevano sventrato un'autostrada all'altezza di Capaci per uccidere il collega e amico di Borsellino, Giovanni Falcone. Borsellino assieme a Falcone faceva parte del pool antimafia istituito da Rocco Chinnici. Proprio Falcone e Borsellino, dall'Asinara dove furono trasferiti per ragioni di sicurezza, scrissero l'ordinanza di 8mila pagine che rinviava a giudizio 475 mafiosi. Di lì nacque il maxi processo, il più duro colpo mai sferrato dallo Stato italiano a Cosa Nostra, che decise di vendicarsi con due terribili stragi.

Dopo Capaci, il magistrato palermitano sapeva bene di essere nel mirino di Cosa Nostra e ripeteva spesso la frase "Ora tocca a me". Stava indagando sulla morte di Falcone, annotando tutto sulla sua agenda rossa, sparita dalla sua 24 ore pochi minuti dopo la strage.

Il dramma nel dramma a Sestu, dove i familiari di Emanuela Loi seppero in diretta tv della strage e capirono subito che anche la loro figlia era rimasta uccisa, ad appena 24 anni. Alle 20.30 è solo una triste formalità l'arrivo di polizia e carabinieri in casa per notificare ufficialmente quel che ormai già sapevano.

(Unioneonline/L)