Terremoto nella finanza, affondo di Monte dei Paschi di Siena su Mediobanca
Lanciata un’offerta di scambio da 13,3 miliardi(Ansa)
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Terremoto nel risiko bancario italiano: il consiglio di amministrazione di Monte dei Paschi di Siena ha lanciato un’offerta pubblica di scambio volontaria su tutte le azioni ordinarie di Mediobanca. Un’operazione da 13,3 miliardi.
«Il rapporto di concambio è stato fissato a 2,300 azioni di nuova emissione di MPS per ogni azione esistente di Mediobanca, che comporta un prezzo implicito di Offerta pari a Euro 15,992 per azione, e un premio pari al 5,03% rispetto ai prezzi ufficiali del 23 gennaio 2025», si legge in una nota.
Il successo dell’offerta «consentirà un’accelerazione nell’utilizzo delle DTA detenute da MPS, con un valore attuale netto stimato a beneficio degli azionisti di Mediobanca aderenti all’Offerta di Euro 1,2 miliardi, pari a circa il 10% dell’attuale valore di mercato di Mediobanca», prosegue il comunicato.
«Con questa operazione di natura industriale vogliamo segnare un nuovo approccio nel percorso di consolidamento del settore bancario che in maniera innovativa crea valore da subito sia per gli azionisti di MPS che di Mediobanca, e ritengo anche per l’intero sistema Paese – ha dichiarato Luigi Lovaglio, amministratore delegato di Monte dei Paschi di Siena -. Puntiamo a un nuovo campione nazionale, con due brand di eccellenza, che vogliamo proteggere e ancor più valorizzare. Un nuovo e moderno gruppo bancario altamente competitivo, leader in business specialistici chiave e con una forte solidità patrimoniale, che si pone l’obiettivo di svolgere in modo sempre più virtuoso il ruolo di sostegno a famiglie, imprese e comunità locali».
Gli intrecci degli azionisti
L'offerta di scambio totalitaria di Mps su Mediobanca mette in risalto numerosi intrecci di azionisti che arrivano fino a Generali. Ecco una scheda con gli azionariati delle società coinvolte.
Il primo azionista di Monte dei Paschi risulta ancora il ministero dell'Economia che ha una quota dell'11,7%. L'ultima cessione di quote ha portato all'interno della compagine azionaria Delfin, che poi è salito ancora e ora ha il 9,78%, e le società del gruppo Caltagirone con il 5,03%. Un altro 5,03% è detenuto da Banco Bpm che ha lanciato un'Opa sul quarto azionista, Anima, che sfiora il 4%. Quando l'operazione sarà conclusa avrà attorno al 9% di Mps. Gli azionisti, sottolinea la nota diffusa oggi sull'operazione da Monte, non agiscono di concerto. Dall'acquisizione delle quote della banca senese il risiko bancario è comunque diventato ancora più complesso con l'Ops lanciata da Unicredit su Banco Bpm. Anche in Mediobanca sono presenti il gruppo Del Vecchio (Delfin), primo azionista con il 19,81, e Caltagirone, dato ora al 5,5% dal comunicato dell'operazione di oggi e che nel passato era arrivato anche a sfiorare il 10%. Si tratta di quote di investimento indipendenti e autonome. Come ha messo in risalto recentemente Bloomberg i due gruppi hanno visione simile anche se il decision making e gli investimenti sono separati e indipendenti. Terzo azionista è Blackrock con il 4,23%. Mediobanca è però guidata da un gruppo di società legate da un accordo di consultazione che vale l'11,4% dell'azionariato. Nell'accordi ci sono: il gruppo Mediolanum (3,49%), la Fin.Priv (che ha al suo interno Generali, Italmobiliare, Pirelli, Stellantis, Telecom e Unipol), Monge, il Gruppo Gavio, La Finpog Italia (gruppo Doris), il gruppo Ferrero, il Gruppo Luchini, il gruppo Pecci, e con quote minori ancora Tosco-Fin, Smil, Plt Holding (famiglia Tortora), Fin.Fer (Gruppo Pittini), Vittoria Assicurazioni, Mais, Valsabbia Investimenti, Romano Minozzi. Mediobanca è poi l'azionista più importante di Generali, con il 13,10% del capitale. Seguono il Gruppo del Vecchio/Delfin con il 9,93, il Gruppo Caltagirone 6,92% e il Gruppo Benetton 4,80%.
Mps, da banca fallita a cacciatrice
Fallita, salvata dallo Stato e poi risanata grazie anche al provvidenziale aumento dei tassi di interesse della Bce, Mps si considera la banca «più antica del mondo ancora in attività» con la sua nascita fissata al 1472. Secoli di storia che hanno visto un'accelerazione negli anni 2000 quando la banca, ancora nelle mani pubbliche della Fondazione diretta da Comune e Provincia di Siena, decise di compiere il gran salto nel 2008 con l'acquisizione di Banca Antonveneta e divenire un grande attore nazionale. Un'operazione che sbilanciò il gruppo nel momento di arrivo della crisi finanziaria mondiale e dei debiti sovrani e che fece perdere alla Fondazione il suo controllo. La banca quindi dovette essere salvata dallo Stato con una nazionalizzazione che costò, secondo alcuni calcoli, 30 miliardi di euro fra risorse pubbliche e private. Nel 2017 il Tesoro divenne così primo azionista avviando al contempo una nuova azione di risanamento sotto la stretta sorveglianza della Bce. Falliti i tentativi di fonderla con Unicredit, il Tesoro ha così deciso di concerto con la Ue la cessione della quota. A novembre il terzo collocamento del 15% fa scendere la quota statale all'11,2% a beneficio di Banco Bpm e Anima che si assicurano un ruolo di primo piano nell'azionariato di Siena, con una quota aggregata pari al 9% del capitale. Entrano anche Delfin (Del Vecchio) che ha ora aumentato la sua quota al 9,78% e con circa il 5% il gruppo Caltagirone, azionista sia della banca che dell'asset manager. Un cambio notevole anche perché, dopo la parentesi Covid nel 2023, il bilancio di Mps ha avuto una svolta grazie anche all'aumento dei tassi della Bce che ha spinto il margine di interesse, motore del bilancio di una banca retail come il Monte e che ha fatto tornare il dividendo dopo 13 anni di 'secca'. Gli ultimi dati: il gruppo senese ha chiuso i primi nove mesi dell'anno con un utile di 1,57 miliardi di euro, in crescita del 68,6% rispetto allo stesso periodo del 2023, a cui il terzo trimestre ha contribuito con 407 milioni di euro.
(Unioneonline)