Savona: "Il futuro dell'Isola è nell'agroalimentare, nel turismo e nell'artigianato"
L'edilizia «continua a girare a basso regime», gli investimenti «registrano andamenti ancora negativi», il reddito pro capite dei sardi si è «ridotto» e la disoccupazione è cresciuta «fino a raggiungere il doppio di quella italiana e il triplo di quella europea». La crisi in Sardegna non è finita, anche se l'emorragia è stata fermata.
È un quadro ancora a tinte fosche quello che dipinge il quinto rapporto della Fondazione Ugo La Malfa sulle imprese industriali del Mezzogiorno, realizzato con il supporto dell'Area studi di Mediobanca, che si presenta oggi pomeriggio, alle 17, a Cagliari alla Fondazione di Sardegna (in via San Salvator da Horta 2) con la partecipazione dell'economista Paolo Savona e di Giorgio La Malfa.
Per ripartire, insomma, la Sardegna deve imboccare una strada nuova che, però, non può prescindere dal consenso sia dei sindacati che dei lavoratori. Come accaduto negli anni Cinquanta, con il piano di Rinascita della Sardegna, quanto è stato ottenuto il consenso di coloro ai quali venivano richiesti sacrifici nel passaggio dal modello agropastorale a quello industriale, «oggi lo stesso consenso dovrebbe essere chiesto ai lavoratori delle imprese industriali prive di prospettive», leggi di nuovo Alcoa, «per l'attuazione dei nuovi programmi», dice Savona. La Sardegna, in definitiva, deve ancora sopportare tempi duri, per questo motivo sono necessarie «scelte immediate».
La formulazione di un piano di infrastrutture reali, finanziarie e formative «è ormai improcrastinabile per rivitalizzare la domanda aggregata e l'occupazione», aggiunge. L'obiettivo adesso è quello di «delineare un programma che possa contribuire a formare aspettative favorevoli per l'imprenditoria locale che portino direttamente o indirettamente nuova occupazione».