Sulla trattativa tra Unicredit e il Tesoro su Monte dei Paschi di Siena si affaccia l'ipotesi di uno stop.

Già in bilico con uno stallo prolungato nelle ultime ore, il negoziato sarebbe in procinto di saltare con le distanze tra le parti che non si sarebbero appianate.

Diversi i nodi che le diplomazie a lavoro per mesi non sarebbero riusciti a sciogliere.

Uno su tutti l'entità del capitale da iniettare in Mps per rendere più facile l'operazione. Più di 7 miliardi la richiesta di Orcel, meno per il Mef che ne avrebbe calcolati - secondo le indiscrezioni - 5 e non sarebbe disponibile a pesare ulteriormente sulle tasche dei contribuenti.

A questo si sarebbero aggiunte una diversa visione sul perimetro da acquisire, con il factoring e il leasing del Monte inseriti nuovamente nella trattativa. Questo avrebbe ulteriormente complicato i colloqui.

Da qui la consapevolezza che le pre-condizioni di fine luglio non sarebbero raggiungibili.

D'altro canto le richieste messe sul tavolo da Unicredit hanno dato da subito pochi margini. 

Condizione essenziale è l'impatto zero sul capitale, ma anche nessun rischio legale, senza crediti deteriorati (da cedere ad Amco), senza le società prodotto (Mps leasing & Factoring, Mps fiduciaria, Mps Capital services) e senza 300 sportelli con le ipotesi di interesse, su una parte, del Mediocredito Centrale.

Altro nodo sono gli esuberi: 6-7 mila persone, secondo gli analisti con un costo stimato fino a 1,4 miliardi da spesare a fronte dell'aumento.

Anche da parte del Tesoro però c'è stata chiarezza. Il ministro dell'Economia Daniele Franco ad agosto in audizione alle Commissioni Finanze di Camera e Senato ha sottolineato che il Monte non sarebbe stato svenduto né smembrato e che avrebbe fatto tutto il possibile per salvaguardare l'occupazione e il territorio: "Auspico che si chiuda e lo auspico fortemente, e credo ci siano margini per le soluzioni ma non chiuderemo a qualsiasi costo, né noi né Unicredit".

(Unioneonline/F)

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