Dal 14 agosto sono trascorsi venticinque giorni: da quando la Bblue tongue è partita dagli ovili di Bari Sardo 130 animali sono già morti.

Novemila su quasi venticinquemila hanno i sintomi.

Da Bari Sardo a Tertenia fino a Loceri a salendo sulla montagna, i pastori maledicono la malattia.

È un urlo rabbioso quello che si leva, unanime, dalla sala del Centro civico di Bari Sardo, gremita da centinaia di allevatori.

Ieri mattina sono arrivati da tutta la provincia.

DISPERATI - Esasperati per il riesplodere dell'epidemia, ma anche decisi a combattere.

Mario Meloni, presidente della Cooperativa Latteria Sociale Sant'Antonio di Tertenia, lo dice subito: "Vogliamo sapere perché non avete vaccinato prima. Ora è tardi, l'Ogliastra è già sotto terra".

Gli allevatori parlano alle istituzioni, a Coldiretti che ha organizzato l'incontro, al direttore dell'Istituto Zooprofilattico di Sassari Alberto Laddomada e al coordinatore dell'area veterinaria dell'Ats Sardegna, Francesco Sgarangella.

I sindaci chiedono d'individuare eventuali responsabilità.

Ivan Mameli primo cittadino di Bari Sardo chiarisce il concetto: "Abbiamo avanzato diverse richieste alla Regione per capire che tipo di disastro ci sta piombando addosso. Ci chiediamo per quale motivo s'interviene solo adesso. E gli indennizzi?".

I Comuni vogliono collaborare. L'ideale sarebbe una fossa comune per i capi già morti.

"C'è una forte preoccupazione per questa situazione", dice Dino Garau, responsabile del servizio veterinario di Lanusei e di Nuoro.

"Le vaccinazioni sono regolate da provvedimenti comunitari e per questo non può esserci un'autonomia decisionale dei territori. In Ogliastra sono in servizio otto veterinari. Lavorano dal mattino presto alla sera. Una presenza insufficiente".

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