Il 18 dicembre del 2022 arriverà presto. Per quel giorno in Qatar, Golfo Persico, 4.200 chilometri dalla Sardegna, sarà pronta una nuova città, Lusail. Riflettori imponenti si accenderanno per illuminare a giorno la fantasmagorica kermesse sulla quale il Qatar vorrebbe giocarsi tutto, dall'economia alle relazioni internazionali, dalla leadership nella regione araba alla scientifica e pianificata invasione dolce dell'Islam. Immagini che entreranno nelle case di miliardi di telespettatori in tutto il mondo. In uno stadio da 86.000 posti, con tanto di aria condizionata accesa, si giocherà la finale del campionato del mondo di calcio. Una Coppa del Mondo in Qatar nata con un'operazione di alleanze impossibili per uno staterello, metà della Sardegna, che lo proietterà, invece, da protagonista in un avvenimento globale senza precedenti per una delle aree più incandescenti dello scacchiere mondiale.

I gasdollari comprano anche il calcio

Il pallone è l'estremo tentativo degli emiri per ricostruire un'immagine devastata da uno scontro titanico che ha messo all'angolo lo Stato che in molti accusano di usare i gasdollari una volta per comprare pezzi di Sardegna, un'altra volta per finanziare il terrorismo, per conquistare i mondiali di calcio o riempire gli arsenali di armi micidiali. In questo rapporto tra dossier segreti, tra affari e carte trafugate, inchieste della Cia e dell'intelligence antiterroristica di mezzo mondo emergono gli scenari contradditori e pericolosi della guerra tra Stati, con la Sardegna nel bene o nel male sempre in mezzo. È così che per la prima volta l'isola compare in un dossier segreto francese sul dietro le quinte di come il Qatar finanzia l'Islam e i Fratelli Musulmani. Un vera e propria scalata non solo economica e militare ma anche religiosa e culturale. La missione è nero su bianco con tanto di bonifici bancari, mappe dettagliate e missioni da compiere. Centoquaranta progetti per finanziare moschee, scuole e centri islamici a beneficio di associazioni legate ai Fratelli Musulmani. Una macchina del proselitismo islamico in Italia con quattro città ben individuate nella cartina, una di queste è Sassari. La mappa pubblicata sui Qatar Papers riporta una guerra senza esclusione di colpi per quella che loro stessi chiamano invasione soft dell'Occidente. La macchina da guerra dolce per disseminare credo e verbo islamico è affidata alla Qatar Charity Foundation, un'organizzazione non governativa del Qatar con l'obiettivo chiaro, un piano di islamizzazione europea senza precedenti. E la Sardegna è, insieme agli affari, nella partita.

Ecco come "conquistare" l'Europa

La fondazione marchiata dal brand dell'emiro Al-Thani è, però, un'organizzazione sorvegliata speciale, soprattutto per il transito di una valanga di milioni di dollari verso moschee e organizzazioni collaterali sparse un po' ovunque. Secondo i documenti segreti pubblicati dall'inchiesta francese l'emiro non avrebbe esitato a "donare" ingenti risorse all'organizzazione non governativa. In una delle carte pubblicate nel dossier, insieme a tanti bonifici bancari in chiaro e no, c'è una cartina con l'Europa da conquistare. C'è l'Italia, ovviamente. Con quattro città su tutte indicate come centri islamici: Milano, Roma, Catania e Sassari. Gli investimenti in Italia sono i più cospicui. Con 45 progetti in campo tra centri culturali e moschee, il Qatar ha stanziato il 45% del costo complessivo dei 50 milioni previsti dal piano. In Sardegna Qatar significa affari. Ora, però, c'è anche l'operazione globale svelata dall'inchiesta francese denominata Ghaith, ("Pioggia abbondante"), dolce invasione del verbo islamico. E poi c'è lo scacchiere internazionale davanti a casa, nel Mediterraneo.

Quattro Paesi puntano l'indice

Lo scontro parte dal lontano. Due anni fa Arabia Saudita, Bahrein, Emirati Arabi Uniti ed Egitto hanno deciso di chiudere le frontiere del Qatar. Emirato inaccessibile, terra e aria. Per un'accusa infamante: finanziate il terrorismo internazionale. La Reale Ambasciata dell'Arabia Saudita in Italia arriva a pubblicare senza mezze misure le dichiarazioni esplosive del Ministro degli Affari esteri saudita che denuncia: il Qatar finanzia l'estremismo e ha incitato all'instabilità su scala globale. Per poi aggiungere: i qatarioti ospitano terroristi, compresa l'Associazione dei Fratelli Musulmani. Il Qatar incassa il colpo, smentisce e inizia l'opera di aggiramento dell'embargo con una strategia chiara: negare il sostegno al terrorismo e stringere rapporti commerciali miliardari per comprare armi a destra e a manca. Una corsa all'armamento con una duplice funzione: armarsi e "conquistare" la simpatia e il sostegno dei governi mercanti di armi. Sostegno militare in alcuni casi, calcistico in altri, per finire alle scorribande nel mercato mondiale degli affari. La Sardegna in questo scacchiere mondiale subisce ma non è marginale, né sul versante dello shopping immobiliare tantomeno su quello delle armi. Il filo rosso che lega il Qatar alle principali questioni sarde, dallo sviluppo turistico al trasporto aereo, dalla sanità ai rapporti internazionali accende i riflettori su versanti sempre più scottanti. Con una domanda su tutte: per quale motivo lo Stato italiano, in tutte le vicende più rilevanti che hanno riguardato i rapporti tra la Sardegna e il Qatar, ha preferito non disturbare l'emiro Al-Thani piuttosto che tutelare gli interessi e i diritti dei sardi? Come ha fatto il Qatar a spalancare come nessun altro le porte del potere in Italia?

Lo Stato italiano alla corte di Doha

L'industria bellica italiana, da sempre croce e delizia degli affari di Stato, arriva dove nessuno riesce. In questo ultimo anno alla corte di Doha si sono presentate tutte le alte cariche dello Stato italiano, nessuno escluso, sempre accompagnate dai vertici delle principali industrie belliche di Stato, da Finmeccanica a Leonardo. Uomini di Stato che non facevano passare un semestre senza fare un saltino laggiù, nel paese degli emiri. Presenze fruttuose se è vero che con il Qatar hanno fatto affari d'oro. Ogni anno, nel silenzio del palazzo, il governo invia alle Camere un atto dal titolo blindato: Relazione sulle operazioni autorizzate e svolte per il controllo dell'esportazione, importazione e transito dei materiali di armamento. È il mercato delle armi. Un'Italia capace di vendere agli amici e ai nemici. Nella relazione pubblicata il 2 aprile dello scorso anno dal Ministero degli esteri emergono dati che spiegano molte cose. Nel 2018 c'è stato un solo Stato che ha superato la soglia di un miliardo di euro di forniture militari acquistate dall'Italia: il Qatar. Lo Stato del padrone della Costa Smeralda, del Mater Olbia e della fu Meridiana è quello che domina la classifica dell'imponente vendita italiana di armi nel mondo.

Armamenti, lo shopping in Italia

Nella classifica dei primi 25 il Qatar straccia tutti: nel solo 2018 ha acquistato dall'Italia 1,9 miliardi di euro di armi, tra elicotteri e navi da guerra, sino ai micidiali caccia di parziale fabbricazione italiana. Ci sono due questioni che emergono dirompenti: il Qatar acquista una montagna di armamenti dall'Italia ma le sue alleanze nello scacchiere sono spesso diametralmente opposte a quelle italiane. L'asse strategico degli emiri qatarioti può contare su due imponenti alleati, l'Iran e la Turchia. E annovera due nemici giurati, l'Arabia Saudita e gli Emirati Arabi Uniti. Gli americani, vista l'alleanza con l'Iran, guardano agli emiri con sospetto e attenzione, ma non disdegnano di vendergli gli F35 di ultima generazione. Nell'ultimo rapporto della Cia, l'agenzia americana che si occupa di antiterrorismo internazionale si sostiene che il Qatar starebbe seguendo un percorso di "riabilitazione" per contrastare il terrorismo. In realtà, però, qualche mese fa, il 23 luglio 2019, il New York Times ha pubblicato una registrazione shock in cui si rivela il coinvolgimento di un ambasciatore del Qatar negli attentati terroristici in Somalia. Il governo qatariota ha ovviamente smentito ma l'attenzione è altissima. In questo scacchiere internazionale, dunque, ci sono due nemici pronti a farsi la guerra. Quella a colpi di mortaio e non solo. Il Qatar e l'Arabia Saudita. Due giovanotti, quello del Qatar e quello dell'Arabia Saudita, a capo di due paesi in lotta, sempre più dura, per conquistare potere e petrolio nel Golfo Persico ma anche davanti a casa nostra.

Le bombe "Made in Sardinia"

Entrambi, però, hanno una spaventosa consonanza: le bombe prodotte in Sardegna, quelle della tedesca Rwm a Domusnovas. L'Arabia Saudita ne ha comprato per centinaia di milioni di euro, alimentando l'industria bellica nella terra di miniera. Peccato che le stesse bombe le abbia comprate anche la Turchia, alleata diretta e strategica del Qatar. In Libia, ora, quelle bombe sarde sono schierate su fronti contrapposti e il Qatar è nella partita. In ballo c'è il controllo energetico, il prezzo del petrolio per intenderci, militare ed etnico-religioso. Uno scontro davanti a casa, con arsenali pieni di armi sarde e italiane, vendute senza limiti ad amici e nemici che alla fine potrebbero usarle in una guerra senza esclusione di colpi.

Mauro Pili

(Giornalista)
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