Una volta era uno dei fiori all'occhiello dell'industria sarda e non solo. Caldaie, scambiatori, serbatoi, parti d'impianti industriali venivano esportati in tutto il mondo.

Anche da Porto Torres, dove c'e una delle sue filiali più importanti, che prendeva commesse anche dal petrolchimico, mentre la casa madre è sempre rimasta in provincia di Varese, a Lonate Ceppino.

Stiamo parlando dell'azienda Sices, da qualche mese in fallimento per mancanza di liquidità.

I suoi dipendenti di Porto Torres, una cinquantina in tutto, non percepiscono un euro di cassa integrazione dal primo novembre 2018. Un'altra tegola per la disastrata economia del territorio.

I dipendenti chiedono aiuto: "Non ce la facciamo più. Chiediamo che la Regione appena insediata e le istituzioni intervengano e si facciano portavoce delle nostre istanze", affermano gli operai. "Ci sono macchinari e una manodopera pregiata da tutelare".

In effetti nel sito di Porto Torres l'attività potrebbe ripartire in qualsiasi momento, i macchinari sono in ordine, tecnici e operai potrebbero essere immediatamente operativi per lavori che anche all'estero sono particolarmente apprezzati.

Sarebbe un vero peccato che si perdesse anche questo importante e storico settore della produzione industriale sarda.

Se è vero che con la globalizzazione la concorrenza è diventata spietata e non si possono commettere errori di gestione aziendale (che spesso portano al fallimento, come in questo caso), è altrettanto vero che non tutti sono in grado di eseguire lavori di carpenteria con perizia e precisione, come accadeva sino al 2017 nelle officine Sices di Porto Torres.

L'auspicio è che le istituzioni tutelino questo stabilimento, uno dei pezzi pregiati dell'industrializzazione sarda che fu, negli ultimi decenni quasi totalmente smantellato.

Basti pensare che il sito industriale di Porto Torres sino a tutti gli anni novanta era tra i più importanti d'Italia: ora come produzioni nell'ex petrolchimico rimangono in attivo solo la chimica verde e l'impianto gomme: fra diretti e indotto poco più di un migliaio di persone impiegate.

Nel 1978 nel sito industriale turritano operavano più di 20mila lavoratori.
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