Non hanno usato le Poste Italiane. Le missive in duplice copia, con firme diverse, carta intestata spagnola la prima, italiana la seconda, hanno viaggiato esclusivamente sull'etere, quello della posta elettronica certificata. Del resto, considerati i mittenti, non potevano che usufruire del cielo, lo stesso che per mesi li ha visti contrapposti ed ora, quasi come una fiaba a lieto fine, stretti in unaliaison d'amore d'alta quota. Se ne sono detti di ogni colore, si sono sfidati con tanto di avvocati di grido, disturbando persino le toghe più rinomate, dai rampolli di Stato a quelli del Quirinale. Si sono tolti il saluto, anche quello di cortesia, hanno sfoderato carte e accuse, ma si sa, le contese d'affari spesso sono "galeotte".

Intese & Autority

Non è dato sapersi se l'Autorità garante, quella che vigila sulle «intese restrittive della Concorrenza», accenderà mai i riflettori su quelle due lettere giunte quasi contestualmente nella cassetta della posta della Regione Autonoma della Sardegna, ma è certo che sui cieli dell'Isola la guerra è, per il momento, finita. Volotea, gli spagnoli dell'aria a basso costo, e Ita, i futuri franco-americani dei cieli del Bel Paese, prima se le sono date di santa ragione, nei tribunali e non solo, si sono fatti reciprocamente i conti in tasca, pur di conquistare la più remunerativa delle continuità territoriali, quella da e per la Sardegna e, poi, come d'incanto si sono trovati d'accordo. Hanno fatto un semplice ragionamento: in un'Isola, sino a prova contraria, ci puoi andare o uscire solo in nave, se hai qualche giorno di tempo, oppure, volenti o nolenti, se non hai tempo da perdere, devi prendere per forza quel "pullman volante" da 180 posti a sedere sospesi a trentamila piedi d'altitudine. Il ricatto dei cieli è scritto nella storia. Pagare a piene mani o restare a terra, isolati.

La sfida dei cieli

Volotea aveva osato mettere in discussione lo scettro monopolistico di Alitalia, da sempre il dominus assoluto dei collegamenti da e per la terra dei Nuraghi. In discussione non c'era solo la sfida esplicita alla mai compianta compagnia di bandiera, quella italiana, ma soprattutto lo scontro titanico tra una "low cost" e una "major". Due filosofie contrapposte, dalla gestione ai guadagni. E, infatti, gli spagnoli di Volotea si sono insinuati nel mercato della continuità territoriale solo quando Alitalia, in preda ad una crisi finanziaria senza precedenti, ha dovuto cedere armi e bagagli ai commissari liquidatori. Gli spagnoli di Barcellona ne hanno approfittato quando le ceneri della compagnia di Stato non si erano ancora trasformate nell'araba fenicia di Ita. L'offerta dei pronipoti catalano-aragonesi per la continuità territoriale sarda, un anno fa, sbaragliò il campo. Ribassi d'asta di quasi il 40%. La più esemplare delle dimostrazioni sul campo: quei contributi decennali, erroneamente definiti di compensazione, altro non erano che copiose regalie di Roma prima e di Cagliari dopo, alla gestione statale della compagnia pseudo pubblica. Ipotizzare ribassi di quella portata sulla gestione dei voli poteva avere due significati, uno surreale e fantasioso, aerei di cartone, e l'altro più veritiero e credibile, nel capitolato d'appalto della continuità territoriale più di una voce era gonfiata a dismisura. I Tribunali amministrativi hanno avuto il loro bel da fare per venirne a capo.

La guerra nei Tribunali

Ricorsi con accuse di ogni genere, dalla mancanza della carta d'identità dello spagnolo di turno al più cocente tema della sostenibilità del ribasso d'asta proposto dai "caballeros" dei cieli. È qui che sul proscenio aereo irrompe il primo grande mistero di quella doppia missiva spedita nelle scorse settimane ai piani alti di viale Trento. Quasi si fossero messe d'accordo, ma solo chi pensa male potrebbe farlo, le due compagnie hanno comunicato alla Regione di voler interrompere anzitempo il servizio di continuità territoriale aerea. Se entrambe avevano accettato, Ita il 23 marzo scorso e Volotea cinque giorni dopo, di svolgere i collegamenti da e per la Sardegna senza alcuna compensazione finanziaria, per intenderci senza i 40/50 milioni di euro della Regione, ora con la stessa "tempestività" hanno scelto di dire basta a quel contratto, con largo anticipo rispetto alla scadenza del servizio prevista per il 12 maggio prossimo.

Sorprendentemente

Una decisione che, a prescindere dal fatto che sia maturata "sorprendentemente" e contestualmente in tutte e due le compagnie, apre due ordini di problemi: uno sulla "fattibilità" della rinuncia e l'altro sui motivi della "rescissione". Sulla "fattibilità" è ovvio che i legali delle due compagnie avranno letto e riletto i "codicilli" del contratto, ma è altrettanto vero che appare impossibile che un contratto pubblico possa risolversi "unilateralmente" senza che nessuno paghi dazio. È indubbio, infatti, che le due compagnie vengono concretamente meno al contratto annuale sottoscritto con la Regione solo dopo aver riempito a piene mani le tasche dei propri bilanci durante tutto il periodo estivo. Risuonano ancora come una beffa quelle tariffe da 400 euro a passeggero per sola andata su una tratta Roma o Milano da e per la Sardegna. Biglietti d'oro senza controllo alcuno, "imposti" nel periodo di massima domanda, come se muoversi verso l'Isola fosse solo un lusso per pochi "ricchi" e non un servizio di continuità territoriale.

Discriminazione volante

Una discriminazione ben nota sin dall'inizio di questa "nuova" continuità territoriale: nel contratto erano previste tariffe "giuste" solo per i residenti, mentre per i non residenti, per esempio emigrati e turisti, si prevedevano biglietti da mille e una notte, senza freni. Due condizioni che, secondo un elementare ragionamento di natura pubblica, a prescindere dal danno all'economia per quelle tariffe fuori controllo, avrebbero dovuto compensare eventuali contrazioni economiche del mercato nel periodo post estivo. In pratica quel guadagno elevato d'estate sarebbe dovuto servire a compensare eventuali minori entrate nel resto dell'anno. Le compagnie, invece, hanno divorato a piena mandibola "la polpa d'estate" e hanno "rescisso" il contratto solo nel momento in cui si poteva, teoricamente, configurare un minor guadagno. Certo è che se nel contratto sottoscritto dalla Regione fosse stato previsto un passaggio così ardito sul piano contrattuale non resterebbe che prendere atto dell'ennesimo regalo alle compagnie aeree.

Guardare o agire

Se da una parte stride la questione della fattibilità della rescissione unilaterale, risulta ancora più inspiegabile il tema adotto per giustificare la decisione. Entrambe le compagnie hanno, infatti, motivato l'addio a causa di un "presunto" aumento del costo dei carburanti. Il tema è delicato, non foss'altro perché la partita energetica è più speculativa che concreta. La Regione non potrà stare a guardare. Non sarà difficile, per esempio, risalire alle giustificazioni con le quali Volotea aveva rinunciato al 40% di incentivi pubblici su alcune tratte. Era stata Ita, in sede di giudizio a sostenere, con il livore della contesa milionaria, che quelle rotte non si potevano fare senza un'adeguata compensazione economica.

Carte scoperte

Volotea scoprì le carte, pur di smascherare quei contributi elargiti a piene mani negli anni passati: la nostra compagnia, per esempio, - dichiararono gli spagnoli al Tar - ha contratti decennali per l'acquisto di carburanti. Una risposta "miliare" nella contesa tra low cost e compagnie foraggiate a suon di denaro pubblico. Insomma, la compagnia iberica dichiarava che non faceva il pieno di carburante nel distributore di viale Elmas. Con quei contratti decennali spuntava prezzi di jet fuel che restavano stabili, senza interferenze speculative. Difficile ipotizzare che la stessa Ita abbia una "pompa" di riferimento a ridosso di Santa Gilla, capace di farle lievitare i costi a seconda della speculazione di giornata. Solo come promemoria, senza pensar male, vale la pena, però, ricordare la norma in materia di intese commerciali: «Quando le imprese, invece di competere tra loro, si accordano al fine di coordinare i propri comportamenti sul mercato, violano la normativa sulla concorrenza. La cooperazione tra imprese può avere per oggetto o per effetto di impedire, restringere o falsare in maniera consistente il gioco della concorrenza». La Regione ora ha due strade, non alternative: segnalare all'Autority quanto sta avvenendo e predisporre ogni utile azione per non cadere nella morsa "monopolista". Prima di tutto ripristinando la tariffa unica, quella che consentiva l'unica attuazione concreta del principio di insularità.

Dieci anni di tariffa unica

Dopo quasi dieci di ininterrotta applicazione della tariffa unica, prevista almeno per nove mesi all'anno, dal febbraio del 2013 sino a ottobre del 2021, dopo che il parlamento l'aveva introdotta con un voto unanime, nonostante il parere contrario della stessa Regione, quella disposizione è stata cancellata senza che mai nessuno l'avesse mai contestata, a partire dall'Europa. Il decreto del 2013 era stato esplicito: tariffa per tutti i cittadini europei senza alcuna «discriminazione». Introdurre una tariffa differenziata significa, dunque, "discriminare" e violare le più elementari leggi universali sul diritto alla mobilità. Infine, c'è il tema dell'alternativa alla morsa "ricattatoria" delle compagnie.

L'alternativa

Morta e sepolta la partecipazione pubblica dentro Ita, prossima alla cessione agli americani di Delta Airlines con Air France e il fondo Certares, non resta che l'ultima strada possibile, quella della gestione diretta in "house" del servizio pubblico di continuità territoriale. L'unica compagnia con caratteristiche pubbliche è quella in capo alle Poste Italiane, quella che fu Mistral Air, sino a poco tempo autorizzata anche ai voli commerciali per passeggeri. Se ci fosse uno Stato davvero attento alle questioni insulari, e una Regione realmente protesa a reagire al monopolio delle compagnie aeree, sarebbe sufficiente un accordo tra le parti pubbliche. Non esiste un problema di aerei e di equipaggi: aeromobili disponibili per il noleggio è pieno il mondo e in Sardegna non mancano nemmeno gli equipaggi, quelli di Air Italy, messi a terra dagli affari di Qatar & company, sono già in pista. Scartare a priori l'ipotesi come non fattibile significherebbe accettare "volontariamente" il perenne ricatto dei cieli. Tanto pagano i sardi.

© Riproduzione riservata