I dazi, le limitazioni, la burocrazia e le 'turbolenze' politiche internazionali che hanno caratterizzato l'ultimo triennio, hanno rallentato l'export delle imprese sarde verso gli Stati Uniti. Dal settembre 2023 al settembre '24, i rapporti commerciali tra l'isola e gli Usa hanno totalizzato 492 milioni di euro, relativi a tutto il manifatturiero, petroliferi inclusi. Il segnale di rallentamento arriva dall'analisi dei primi nove mesi del '24 confrontati con i primi dell'anno precedente, paragone che ha segnato un -48,7% equivalente a un calo di 371 milioni di euro. Il 2020 si era chiuso con un totale di 534 milioni di beni esportati. L'export verso gli Usa rappresenta l'1,5% sul valore aggiunto della Sardegna.

È quanto emerge dal dossier elaborato dall'Ufficio studi di Confartigianato Sardegna su dati Istat, che ha analizzato i flussi commerciali dalla Sardegna verso il Continente americano. Alimentari, prodotti in legno e metallo, pelletteria, abbigliamento e tessile, mobili e ceramiche ma anche semilavorati lapidei, prodotti chimici, macchinari e attrezzature hanno raggiunto un mercato ricco e sempre attento alle produzioni italiane e sarde.

I dati provinciali dicono che Cagliari ha esportato per 344 milioni, il nord Sardegna per 98, Nuoro 35, il Sud Sardegna 8 e Oristano per 7 mln. Esaminando i primi dati Istat del 2024 relativi al valore delle esportazioni totali, con 492 milioni di euro, il mercato statunitense si posiziona al terzo posto tra i mercati di sbocco del made in Sardegna, dopo Francia e Spagna. All'interno di questi numeri, 118 milioni sono rappresentati dall'export manifatturiero, al netto dei prodotti energetici, e 85 mln di export sono rappresentati dalle esportazioni sarde di prodotti realizzati nei settori alimentare, tessile, abbigliamento, calzature, legno, mobili, prodotti in metallo, gioielleria e altre manifatture a maggior concentrazione di medie e piccole imprese.

A livello settoriale si osserva che il 70% del totale delle esportazioni verso gli Stati Uniti dei beni realizzati sull'Isola riguarda i prodotti derivati dalla raffinazione del petrolio, il 21,2% dai prodotti alimentari, il 2,4% da macchinari e apparecchiature, l'1,8% dai prodotti chimici, l'1,6% dagli Altri mezzi di trasporto, l'1,2% dalle bevande e l'1,2% dai prodotti in legno, sughero (esclusi i mobili); articoli in paglia e materiali da intreccio.

«L'agroalimentare e le altre produzioni artigiane sarde di qualità - afferma Giacomo Meloni, presidente di Confartigianato Imprese Sardegna - sono particolarmente sensibili agli scambi commerciali verso gli Usa. La Sardegna, per questo, ha bisogno di continuare a lavorare nel mercato del food e degli altri settori eccellenza che hanno ampi margini di crescita. Gli americani riconoscono il valore dei nostri prodotti e restano un partner chiave per lo sviluppo economico territoriale. È essenziale mantenere e rafforzare i rapporti commerciali con uno dei principali motori dell'economia globale, il cui contributo favorisce il benessere della comunità. Le piccole e medie imprese della nostra regione esportano prodotti molto apprezzati Oltreoceano, sostenendo l'economia isolana».

«Tuttavia, l'incertezza geopolitica e le possibili politiche protezionistiche - prosegue Meloni - rappresentano una sfida. In caso dei temuti dazi, le imprese manifatturiere, già provate dalla complessità del mercato globale, sarebbero le più colpite da eventuali restrizioni commerciali. I settori più esposti includono alimentare, moda, legno, metalli, gioielleria e occhialeria. Serve un'azione coordinata a livello europeo per affrontare queste sfide. Sul piano internazionale è, quindi, necessario un dialogo costruttivo per evitare scenari economici negativi e tensioni tra Paesi alleati. Auspichiamo che la nuova Presidenza americana sappia valorizzare il legame con il nostro territorio».

(Unioneonline)

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