In Italia stop alla commercializzazione di auto nuove con motore a combustione interna entro il 2035, mentre per i furgoni e i veicoli da trasporto commerciale leggeri l'uscita dovrà avvenire entro il 2040.

La decisione arriva dalla quarta riunione del Comitato interministeriale per la Transizione ecologica (Cite) e ha lo scopo di imprimere un’accelerata al taglio delle emissioni inquinanti.

Prima del nostro Paese altri Stati europei – tra cui Francia e Spagna – hanno fissato una data limite (2030, 2035 oppure 2040) dopo la quale non sarà più consentita la vendita di veicoli a combustione interna anche se parziale.

A definire le tempistiche sono stati i ministri della Transizione ecologica Roberto Cingolani, delle Infrastrutture e della Mobilità sostenibili Enrico Giovannini e dello Sviluppo economico Giancarlo Giorgetti.

"In tale percorso - ha spiegato il Mite con un comunicato - occorre mettere in campo tutte le soluzioni funzionali alla decarbonizzazione dei trasporti in una logica di 'neutralità tecnologica', valorizzando, pertanto, non solo i veicoli elettrici, ma anche le potenzialità dell'idrogeno, nonché riconoscendo, per la transizione ecologica, il ruolo imprescindibile dei biocarburanti, in cui l'Italia sta costruendo una filiera domestica all'avanguardia".

Per i costruttori di nicchia, come Ferrari e Lamborghini, misure specifiche andranno valutate di concerto con la Commissione europea all'interno delle regole comunitarie.

Il comparto dell’auto ha reagito con preoccupazione all’annuncio del Cite.

L'Anfia (Associazione Nazionale Filiera Industria Automobilistica) ha invitato il governo a un "ripensamento", sottolineando come un tema avrà un impatto importante anche sull’occupazione, con migliaia di posti di lavoro a rischio.

"Soprattutto, chiediamo all’esecutivo di fare quello che i governi degli altri Paesi hanno già fatto: dare delle certezze alla filiera e definire al più presto la road map italiana per la transizione produttiva e della mobilità sostenibile", ha fatto sapere l'associazione.

Timori sono stati espressi anche da Confindustria, con il presidente Carlo Bonomi che ha messo in guardia a proposito del rischio di "chiudere interi pezzi di filiera".

Fim Cisl, infine, ha proposto l'avvio con Federmeccanica e le altre associazioni di settore di un confronto in cui si discuta degli interventi necessari, anche sul piano contrattuale, che possano tutelare il lavoro e le produzioni nel periodo di transizione.

(Unioneonline/F)

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