Blitz del Noe sui fanghi fognari in agricoltura
Riflettori puntati sui grandi appalti dell’ambiente: sotto esame il triangolo Abbanoa – Acciona e società di Sanluri
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L’irruzione è in punta di piedi, ma non è danza classica. L’operazione scatta quando gennaio sta finendo e febbraio sta iniziando. Silenziosa e sottotraccia, come si conviene alle indagini che scottano. Nessun mandato circoscritto, licenza piena di scoperchiare, verificare, approfondire, soprattutto vigilare sull’ambiente. Una sorta di occhio gettato oltre la trincea, come se una montagna precipitasse di punto in bianco in uno stagno. La comunicazione è una delle tante che irrompe quotidianamente nei protocolli ambientali dell’Isola, quelli dove si maneggia l’ambiente, tra autorizzazioni, licenze e monitoraggi. Una delle tante, ma non uguale alle altre. La carta è intestata con tanto di simbolo repubblicano, il mittente più che una sigla è un’istituzione.
Saturimetro in tilt
Solo pronunciare il loro arrivo, negli ambienti dove si inquina o non si tutela l’ambiente, accelera il battito cardiaco e manda in tilt il saturimetro. L’effetto della lettera è dirompente, una sorta di tsunami da Oristano a Nuoro, da San Gavino a Sanluri, da Portoscuso a Cagliari. La firma è del Tenente Colonnello Angelo Rubechini, comandante in capo del Nucleo Operativo Ecologico di Cagliari, il Noe, il braccio armato dei Carabinieri per la tutela ambientale. Usa il tatto dell’istituzione di Stato e la fermezza ostinata di chi non ha tempo da perdere. L’oggetto è apparentemente ordinario, il contenuto, però, è puntuale e circoscritto, perentorio e delicato. Materia che scotta, senza fronzoli: grandi appalti che coinvolgono l’ambiente.
Cecchini ambientali
La precisione della missiva (nella foto) è quella di un cecchino che da lunga distanza sa dove andare a parare. Sia ben chiaro, non esiste un’inchiesta, almeno per adesso, ma certamente nelle mani del Noe sta finendo un malloppo di documenti che finirà per mettere sotto esame uno dei capitoli più delicati della tutela ambientale dell’Isola: lo smaltimento dei fanghi fognari, quelli per intenderci che finiscono nelle terre agricole della Sardegna, da nord a sud. L’operazione è cifrata nei modi, esplicita nei contenuti: «Pianificazione operativa 2022 – Monitoraggio grandi appalti». Cosa si intenda per grandi appalti non è dichiarato, ma certamente sanno dove bussare per scoprire fatti e misfatti, potenziali inquinamenti di un patrimonio immenso come quello delle campagne agricole sarde. In Sardegna c’è solo una grande commessa pubblica che riguarda “direttamente” la protezione ambientale. Un appalto e un triangolo: sardo, spagnolo e sanlurese. I carabinieri del Noe non scrivono mai il nome delle tre società che da sole governano i reflui fognari di un milione e 650 mila abitanti, ma con un compasso ne circoscrivono il perimetro. Certamente, però, nel documento in nostro possesso, ci sono i destinatari della missione, dichiarata come esplorativa, dei Noe. Istituzioni e agenzie che lasciano comprendere il raggio d’azione del Nucleo Operativo Ecologico dei Carabinieri: le Province di Oristano, Nuoro, Sud Sardegna e Città Metropolitana di Cagliari. A ricevere le missive sono, però, anche i dipartimenti Arpas di Oristano, Nuoro, Portoscuso e Cagliari. E’ a loro che si rivolge il fulmine a ciel sereno che il 28 gennaio scorso si abbatte sulle caselle postali informatiche di due terzi della Sardegna.
La sveglia
La premessa ha la funzione del “Buongiorno”, la sveglia, però, suona nei punti successivi. Il preambolo recita: «Questo Noe, nell’ambito delle proprie prerogative istituzionali, ha in corso il monitoraggio dei grandi appalti interessanti i settori che coinvolgono direttamente quello della protezione ambientale». Subito dopo si entra nel vivo: «Ciò posto, - scrive il Comandante di Angelo Rubechini - al fine di acquisire valido supporto all’effettuazione di un’analisi di contesto, si richiede di voler trasmettere ognuno per la parte di propria competenza quanto segue». E quel che segue è molto di più di un interrogatorio con una torre faro puntata sugli occhi. Gli ignari funzionari di Province, Città Metropolitana e Arpas capiscono di cosa si tratta sin dal primo chiodo infilzato nell’elenco dei documenti da trasmettere: «Relazione annuale sull’utilizzazione dei fanghi di depurazione trasmessa alla Ras, Regione Autonoma della Sardegna, per gli anni 2010-2021».
L’appalto record
E’ qui che scatta l’allarme nei palazzi ambientali dell’Isola. Sotto i riflettori del Noe è finito di punto in bianco l’appalto ciclopico da 350 milioni di euro vinto da una multinazionale spagnola capace di aggiudicarsi una gara senza precedenti bandita da Abbanoa. Un appalto sterminato che gestisce il 90% dei depuratori dell’Isola, con annessi fanghi fognari da smaltire, o meglio da gestire. Da una parte la società regionale pubblica che ha in carico il sistema fognario di gran parte dei 377 comuni dell’Isola e dall’altra gli spagnoli di Acciona che si sono aggiudicati il 90% del territorio regionale. Il terzo soggetto del triangolo è di Sanluri, una società che da sola è subappaltatrice per conto di Acciona di tutti i fanghi di depurazione dell’Isola. Un sistema di gestione complesso regolato da una miriade di norme, con un quesito che toglie il sonno a molti: che fine fanno quelle centinaia di migliaia di tonnellate di fanghi di depurazione? Le inchieste ad ampio spettro in Italia hanno portato a processi e arresti, con tanto di contaminazioni di terreni agricoli finite nella maglia penale del disastro ambientale. In Sardegna, sino ad oggi, l’unica inchiesta approdata nelle aule giudiziarie è quella che riguarda un impianto per il trattamento di fanghi fognari posizionato nel cuore della terra della Malvasia, nel comune di Magomadas, gestito da una società locale direttamente collegata, attraverso un intermediario, ai fanghi fognari pugliesi. La rivolta degli abitanti aveva portato prima al sequestro di quegli impianti e, poi, al processo dei responsabili della società che gestivano quella montagna di fanghi “nauseabondi” posizionati a due passi dal piccolo paese della Planargia.
Lo scandalo Magomadas
Dagli atti processuali e dal dibattimento stanno emergendo fatti sconvolgenti. I periti della Procura di Oristano non hanno lasciato margini: nelle campagne di Magomadas e dintorni sono stati accertati sversamenti di 1.600 tonnellate per ettaro, arrivando in qualche caso sino a duemila. Tutto questo quando il limite di legge era di appena 40 tonnellate. Quell’operazione riguardava, però, i fanghi fognari spediti impunemente dalla Puglia in Sardegna, devastando l’ambiente e rendendo impossibile la vita degli abitanti di quei territori. Ora l’attenzione, su larga scala, si sposta, invece, sui reflui fognari prodotti nell’Isola. A rendere rilevante la richiesta di atti da parte dei Noe alle varie istituzioni coinvolte nell’operazione “fanghi fognari” è l’arco temporale indicato: 2010-2021.
11 anni sotto esame
Un periodo di 11 anni indicato, probabilmente, non a caso. I reati in materia, come quelli del disastro ambientale, hanno, per esempio, una prescrizione di 12 anni. Un decennio scandito in tutti i punti della missiva del Noe. Un elenco di atti da acquisire che ha messo a soqquadro l’intero sistema ambientale dell’Isola. Il secondo punto della richiesta è, infatti, una spada di Damocle sugli stessi organi di controllo: «Copia del programma annuale di controllo e vigilanza dell’utilizzo dei fanghi in agricoltura, per gli anni 2010-2021». Come per dire: diteci come avete programmato il monitoraggio e la vigilanza su quella montagna di fanghi fognari che finiva dritto dritto nei campi agricoli della Sardegna? Agli uomini del Noe, però, non bastano i programmi, visto che il punto successivo è inchiodante: «Consegnateci i Report da cui emergono per gli anni 2010-2021 gli interventi di controllo e vigilanza sui siti di spandimento dei fanghi di depurazione in agricoltura con specificazione delle motivazioni dell’intervento, del tipo di attività svolta (es. campionamento, ispezione ecc.) nonché a carico di quale soggetto giuridico». Si ha come l’impressione che il Nucleo Operativo Ecologico abbia ben chiara la situazione, ma che voglia dar modo agli organi di controllo di provare a dimostrare che hanno, comunque, fatto qualcosa per tenere sotto controllo lo sversamento nei campi di quei fanghi putridi.
Diteci dei campionamenti
E’ emblematico il fatto che i carabinieri ambientali abbiano chiesto di indicare «l’attività svolta», richiamando non a caso, l’esempio del «campionamento». Un’attività che pare sia sempre stata ridotta al lumicino, affidandosi per le analisi solo ed esclusivamente a quanto dichiarato dai gestori dei fanghi fognari. Non proprio una garanzia di terzietà. L’acquisizione degli atti si stringe, poi, sui gestori del grande business dei fanghi fognari. In questo caso la richiesta è ancor più precisa: «Pregasi inviare i Report da cui emergano per gli anni 2010-2021 gli interventi di controllo e vigilanza dei siti di stoccaggio, trattamento dei fanghi di depurazione, con indicazione del tipo di attività svolta, per esempio campionamento». Il Noe mette, dunque, sotto le sue attenzioni anche il sito di Sanluri di proprietà della Shift che, per conto di Acciona e Abbanoa, in subappalto, gestisce da solo l’intero “mercato” dei fanghi fognari in Sardegna. Le ultime due disposizioni, firmate dal Comandante del Noe, sono perentorie come non mai. La penultima: «Nella nota di risposta – scrive Angelo Rubechini – si prega, (sottolineato), di esplicitare le motivazioni che potrebbero portare a mancate produzioni di quanto richiesto». L’esortazione è quasi un invito a “difendersi” bene da eventuali silenzi o mancata produzione di documenti.
Big Bang
E, infine, il big bang: «Nel segnalare il carattere d’urgenza della richiesta, sarà gradito ricevere quanto sopra elencato su supporto informatico nel termine di 2 giorni». Quarantotto ore di tempo per ricostruire 11 anni di controlli e analisi, campionamenti e ispezioni. I soggetti chiamati a dare risposte così tempestivamente avevano due sole possibilità: disporre di un archivio talmente ben organizzato, a dimostrazione che avevano sotto stretto controllo la questione, da rispettare i termini, oppure, che abbiano fatto talmente poco che la trasmissione in due giorni poteva sembrare anche fin troppo ampia. Il termine è scaduto il primo febbraio. Nessuno o pochi, però, hanno rispettato le 48 ore. Il volume e il contenuto degli atti trasmessi sono ora all’attenzione dei carabinieri del Noe.
Dita di una mano
Stando alle prime indiscrezioni, che fanno fibrillare l’intero settore dei controlli ambientali nell’Isola, le ispezioni si conterebbero sulle dita di una mano: sarebbero praticamente assenti i campionamenti e le analisi, le relazioni per ogni sopralluogo sarebbero di due o tre pagine, più della metà sono riempite da fotografie dei siti. L’operazione “Fanghi Fognari” dei Noe è appena iniziata, ma potrebbe trarre ben presto delle conclusioni. Un elemento emergerà con certezza dalle analisi dei dati: in Sardegna si è passati dalle 7.000 tonnellate di fanghi rovesciate nelle terre agricole dell’Isola nel 2005 alle quasi 14 mila del 2019. I terreni coinvolti da questa escalation erano 1.378 ettari nel 2005 e sono diventati 2.639 ettari nel 2019, il doppio. In quelle 48 ore imposte ai soggetti incaricati dei controlli si celava un messaggio fin troppo chiaro: per mettere al sicuro le terre di Sardegna non abbiamo tempo da perdere. La missione del Noe è cominciata.