L'Unione europea ha bisogno di una "bad bank" per gestire gli oltre mille miliardi di euro di crediti deteriorati (Npl, non performing loans) in pancia agli istituti del Vecchio Continente.

Lo ha detto il presidente dell'Autorità bancaria europea (Eba), Andrea Enria, nel corso di una conferenza in Lussemburgo.

Secondo Enria la "società di gestione patrimoniale" (bad bank) servirebbe ad affrontare la questione "urgente e risolvibile" dei prestiti non performanti (cioè difficili da recuperare).

Il capo dell'Eba ha quindi spiegato che le banche italiane possiedono la maggior parte dei crediti inesigibili, pari a 276 miliardi di euro. Ma che anche altri dieci Stati membri della Ue mostrano un preoccupante rapporto medio tra prestiti e Npl, superiore al 10%.

Con una società ad hoc, i prestiti problematici sarebbero venduti al prezzo del "valore economico reale", invece che a quello di mercato.

In sintesi, le banche trasferirebbero alla bad bank i crediti al loro valore di mercato. E la differenza fra gli attuali prezzi e il valore reale dei prestiti potrebbe essere teoricamente esente dall'aiuto di Stato e coperta, ad interim, dalla stessa bad bank e da investitori privati.

Se la società non riuscisse a cedere questi crediti nel tempo prestabilito (per esempio, tre anni) allora gli istituti dovrebbero riprendersi gli Npl e assorbire in toto le perdite, facendo scattare la ricapitalizzazione preventiva dei singoli Stati membri.

Questa misura si accompagnerebbe alla procedura di "bail in", cioè di "salvataggio interno" (con la partecipazione degli investitori/risparmiatori alle perdite patrimoniali subite dagli istituti). In tal modo ci sarebbe una condivisione dei rischi tra i Paesi dell'Unione, rispettando le regole e le risoluzioni sugli interventi di Stato.
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