Mentre si parla tanto di alta tecnologia e multinazionali, c’è un motore più silenzioso ma altrettanto vitale che continua a spingere l’economia sarda: è quello dell’artigianato.

Un settore che, con le sue 34mila imprese, genera 2,5 miliardi di euro di valore aggiunto, ovvero il 7,8% dell’intera economia regionale.

A dirlo è l’ultima analisi dell’Ufficio Studi di Confartigianato Sardegna, elaborata su dati del Centro Studi Tagliacarne. Numeri che posizionano l’Isola all’ottavo posto tra le regioni italiane, con una performance superiore alla media nazionale, ferma al 6,6%.

«Siamo di fronte a un comparto fondamentale per la Sardegna – commenta Giacomo Meloni, presidente di Confartigianato Sardegna – che però opera in condizioni difficili, tra carenze infrastrutturali e scarsa innovazione. È qui che dobbiamo intervenire, investendo in formazione e tecnologia per far crescere il valore delle nostre imprese e la qualità del lavoro».

A trainare l’artigianato sardo sono soprattutto le costruzioni, che da sole valgono 869 milioni di euro, pari al 34,8% del totale artigiano. Seguono una serie di settori aggregati (472 milioni) e i trasporti, con 294 milioni. Non mancano i contributi importanti da parte dei servizi alla persona (212 milioni), dell’alimentare (157), del commercio (142) e della ristorazione (118).

La provincia più “artigiana” della Sardegna è quella di Sassari-Gallura, che con 870 milioni di euro guida la classifica regionale e si piazza al 31° posto in Italia. Qui, ancora una volta, le costruzioni fanno da padrone. Seguono Cagliari (584 milioni), Sud Sardegna (448), Nuoro (364) e Oristano (230). In tutte le province, l’edilizia si conferma il settore più produttivo.

Un potenziale ancora inespresso

Nonostante l’importanza dei numeri, Meloni sottolinea che si potrebbe fare molto di più: «Le aziende sarde, spesso isolate e con poca propensione all’innovazione, producono meno rispetto a realtà simili di altre regioni. Ma il potenziale c’è: serve solo metterlo nelle condizioni di esprimersi».

La ricetta? Innovazione, digitalizzazione, formazione e sinergie tra settori. «Investire in conoscenza – conclude – amplierebbe i mercati di riferimento e creerebbe nuove opportunità di crescita, non solo per gli artigiani ma per l’intero sistema economico regionale».

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