Il dossier è blindato in poche mani e sicure casseforti. In pochi conoscono il contenuto “esplosivo” di un report destinato a cambiare lo scenario del Mediterraneo, sia sul piano energetico che strategico. Ad occuparsene, per adesso, sono gli addetti all’intelligence e alla security, in pratica i servizi segreti, quelli militari ed economici. Le fonti riservate internazionali mettono nero su bianco uno scacchiere di potere che ruota intorno alla Sardegna, con l’Isola, però, totalmente succube ed esclusa da qualsivoglia beneficio, anzi, sfruttata e abbandonata a se stessa.

Il segreto americano

Il cablogramma questa volta arriva direttamente dagli Stati Uniti d’America, a mettergli il timbro di ufficialità è l’United States Geological Survey, ovvero la più imponente agenzia scientifica del governo americano. Scienziati che hanno messo a setaccio il mondo intero alla ricerca di risorse sotterranee energetiche e non solo, affioranti o nascoste nelle più recondite profondità marine. E si sa, gli americani non guardano mai solo in casa propria, un po’ perché vogliono avere tutto sotto controllo, un po’ perché preferiscono gestire in prima persona gli scenari economici in evoluzione. Questa volta si sono spinti sino al Mediterraneo più sardo, quello occidentale, costeggiando Bosa, S’Archittu, Arborea, Piscinas, Masua, Carloforte e Teulada. Nel gergo geologico lo definiscono “Bacino Algero-Provenzale”, in pratica quel catino racchiuso tra l’Algeria e la regione francese della Provenza, quella, per intenderci, che affianca la Liguria. In mezzo, ovviamente, ci sono le Baleari, la Corsica, che non viene toccata, ma c’è soprattutto, e più di tutti, la Sardegna, con il suo mare e le sue coste. Lo studio americano lo conoscono bene gli algerini, ma probabilmente ne sono perfettamente a conoscenza i francesi e gli spagnoli. In casa nostra è certo che lo conosce quello che da sempre è il “vero” ministro degli Esteri, il potente amministratore delegato dell’Eni. E del resto, che l’ente petrolifero a partecipazione statale sia ancora il referente unico delle relazioni con il nord Africa, lo si evince dalle parole di qualche giorno fa di Rosangela Mattei, la nipote del fondatore dell’Eni, Enrico Mattei: «Dall'Africa hanno chiamato la nostra famiglia offrendo nuove forniture. Il ministro Cingolani? Non rispondeva”. Del resto non è una novità che proprio dai tempi del fondatore del “cane a sei zampe” niente si muove in Algeria se l’Eni non vuole. I governi di turno, italiani e algerini, da sempre sono a traino della potente multinazionale tutto gas e petrolio. E, infatti, quanto sta accadendo nei rapporti tra i due Stati ruota intorno agli interessi esclusivi dell’Eni, dominus assoluto delle scelte strategiche che sconfinano persino in quelle sulla sovranità territoriale. La sequenza di quanto stiamo per raccontarvi è segnata in maniera indelebile da quegli studi americani. Secondo gli Yankee della geologia, il Bacino Algero-Provenzale, quello che avvolge la Sardegna e il mare occidentale che la circonda, è segnato da tratti morfologici e geo-termici analoghi a quelli sia del Bacino del Mar Rosso che del Levante, dove si valuta la presenza di imponenti riserve di gas.

Il bacino sardo algerino

Ed è quella “genesi” geologica racchiusa tra Italia, o meglio tra la Sardegna, l’Algeria, la Tunisia, la Francia e la Spagna a fornire i riscontri più rilevanti sull’immensa potenzialità energetica dell’intero bacino. È qui che, per la prima volta, emergono i dati sulla potenzialità di gas e petrolio in fondo al mare intorno alla Sardegna. In questo caso i numeri e le unità di misura sono fuori dalla portata dell’aritmetica di base. Le cifre avrebbero bisogno di troppi zeri per essere circoscritte in un foglio di carta.

Montagna di gas in mare

Le stime sulle quantità le riportiamo come quelle indicate dalle carte ufficiali: il Bacino Algero-Provenzale ha una capacità di riserve pari a 51 trilioni di metri cubi di gas, 0.42 miliardi di barili di petrolio e 2.23 milioni di barili di derivati del gas naturale in forma liquida. Per cercare di capire i numeri basta una minima comparazione: se nel bacino del “mare sardo” sono stimati 51 trilioni di metri cubi, le riserve di gas naturale algerino accertate sono di circa 160 trilioni di metri cubi. In pratica, se l’Algeria con 160 trilioni di metri cubi di potenzialità estrae 86,2 miliardi di metri cubi all’anno di gas, significa che il potenziale dell’area a mare, oggetto dello studio americano, è pari a 28,6 miliardi di metri cubi all’anno, più di quanto la stessa Algeria ne esporti attualmente attraverso i metanodotti, nel 2019 sono stati 26,7 miliardi di metri cubi. Basterebbe questo dato per capire l’entità dello studio e di quanto lo scenario del Mediterraneo potrebbe mutare rapidamente dopo il tracollo delle relazioni europee con il fronte russo, sino al blocco totale di ogni approvvigionamento di petrolio e gas.

I report militari

Ed è per questo motivo che i report militari si stanno moltiplicando in questi ultimi giorni proprio per evitare di passare “dalla padella alla brace”. In gioco, in questo caso, non c’è, infatti, solo la partita energetica, ma quella più rilevante della sovranità del mare e dei confini territoriali davanti a casa, questa volta della Sardegna. Nei giorni scorsi il premier Draghi è volato in Algeria, ovviamente preceduto da Claudio De Scalzi, il numero uno dell’Eni.

Decide tutto l’Eni

Non c’era niente da discutere, aveva già tutto deciso l’Ente di Stato. Il Presidente del Consiglio è andato, semmai, solo a ratificare, ad apporre ad Algeri il sigillo di Stato ai desideri dell’Eni, ovvero incrementare le pressioni di gas nei metanodotti di collegamento con la Sicilia. Le dichiarazioni ufficiali parlano di 9 miliardi di metri cubi in più all’anno, ma i ben informati ritengono che raggiungere la metà di quanto annunciato, con quel tipo di condotte, sarebbe già un miracolo. Per il resto, ufficialmente, non si è parlato di altro. Con Abdelmadjid Tebboune, Presidente dell’Algeria,(nella foto) Draghi si è “dimenticato” di affrontare la questione più scottante, quella attenzionata dagli stessi analisti della Difesa italiana e non solo. Nemmeno una parola, nemmeno un cenno, sullo scippo del “mare sardo”, o meglio dell’infinita distesa di acque internazionali che lo Stato del Maghreb si è portato a casa con un colpo di mano siglato con un decreto presidenziale il 18 marzo del 2018, comunicato formalmente alle Nazioni Unite in base alla Convenzione dell’Onu sul Diritto del Mare. Non un atto qualunque, ma un decreto del Presidente della Repubblica d’Algeria con il quale è stato esteso sino alle 200 miglia nautiche, la bellezza di 370 chilometri, il potere assoluto di quello Stato nelle acque internazionali. Rompendo una regola non scritta di “mutual agreements”, accordi reciproci tra gli Stati nell’ambito del Mediterraneo, l’Algeria, con un blitz indisturbato, ha messo a segno un vero e proprio scippo sulle acque internazionali portandosi a casa non soltanto la sovranità su quel mare fronte Sardegna, ma, soprattutto, quell’immensa ricchezza di risorse energetiche che gli americani hanno rivelato nel loro studio rimasto secretato nelle stanze dei potenti. Ora che, però, lo scenario non solo è mutato, ma è destinato a radicalizzarsi, il tema energia nel Mediterraneo assume una rilevanza strategica. Tanto che il “Centro Alti Studi per la Difesa” insieme all’ “Istituto di Ricerca e Analisi della Difesa” nel loro ultimo report interno rilevano che «non si può non accennare alla questione delle zone economiche esclusive».

Allerta della Difesa

«L’Algeria – scrivono gli analisti della Difesa – ha proceduto ad istituire unilateralmente una propria zona economica esclusiva senza un preliminare accordo tra gli Stati frontisti e confinanti”. Lo mettono nero su bianco proprio coloro che hanno l’obbligo di vigilare sulla sicurezza del Paese, a partire dalla governance energetica, compresi i confini a mare.Dunque, nello scacchiere internazionale irrompe una questione rilevantissima quella della sovranità energetica e in qualche modo statuale nel Mediterraneo.

Chi c’è dietro?

Per quale motivo l’Italia da quattro anni non ha fatto un solo passo concreto per bloccare l’avanzata dell’Algeria nel mare internazionale davanti alle coste della Sardegna? Per quale motivo è ferma la stessa istituzione di una Zona Economica Esclusiva italiana, tale da aprire un confronto in sede Onu con l’Algeria? Un elemento apre scenari inesplorati: la Sonatrach, la società di Stato algerina che si occupa di gas e petrolio, ha stretto un patto di ferro proprio con l’Eni e la francese Total per le prospezioni in quel tratto di mare scippato all’Italia, alla Sardegna e alle acque internazionali. Un accordo “segreto” ancora tutto da scoprire.

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