E’ appurato: senza formazione specialistica è difficile trovare lavoro.

Secondo uno studio del Nucleo di Valutazione e Verifica degli investimenti pubblici della Regione i giovani sardi con un basso livello di istruzione e senza esperienze hanno maggiori probabilità di rimanere fuori dal mercato del lavoro. E in Sardegna un quarto dei giovani tra i 18 e i 24 anni dopo aver conseguito la licenza media ha abbandonato gli studi. In nessun’altra regione italiana sono così tanti. Le informazioni sulla dispersione scolastica (misurata dall’Istat attraverso l’indice ESL: early school leavers, che conta il numero dei giovani nella classe d’età indicata con al più la licenza media) si riferiscono al periodo 2004-2012. In questo lasso temporale in Sardegna c’è stato prima un avvicinamento agli standard nazionali e poi un lento e progressivo allontanamento che ci ha portati nel 2012 a 8 punti percentuali dalla media nazionale (17,6%). Questa distanza è anche maggiore se si considerano solo i ragazzi che abbandonano più frequentemente delle coetanee (sono rispettivamente il 30 e il 20%).

Il problema della dispersione scolastica, spesso invocato come la fonte di tutti i mali, non ultimo quello della ha tante sfaccettature, può essere rilevato in momenti diversi e ha una molteplicità di cause. L’indicatore ESL si riferisce infatti ai giovani, ormai maggiorenni, che hanno abbandonato gli studi dopo la terza media. Ci sono però anche misure rilevate quando gli studenti sono ancora in età scolare e che analizzano i segnali di un possibile futuro abbandono degli studi.

Le cause invece si possono suddividere in: scolastiche, extra scolastiche e individuali e la loro interazione può determinare ritardi nei percorsi scolastici o eventi definitivi, come l’uscita anticipata dal sistema scolastico. L’inadeguatezza delle strutture, dei docenti o dell’offerta formativa, oppure la crescita della popolazione scolastica che determina il sovraffollamento delle aule o l’elevata presenza di immigrati (che, se non gestita adeguatamente potrebbe rallentare il ritmo dell’apprendimento), sono da considerarsi fattori interni al sistema scolastico. A questi si aggiungono i fattori esterni, per brevità raggruppati in quattro categorie, che possono influenzare il percorso degli studenti. La prima è economica: si articola con temi come la povertà, l’occupazione e la disoccupazione; la seconda è familiare, declinata come instabilità familiare, basso livello di istruzione dei genitori e carenza di reti sociali; la terza è legata al territorio e ai servizi: in questo caso diventa rilevante la crescita della popolazione, la sua dispersione (nei piccoli Comuni) e la carenza di servizi sociali; infine un’ottica culturale, in cui rileva la contemporaneità di valori sociali contrastanti.

Per le motivazioni indicate è estremamente delicato trovare delle cause singole ad un fenomeno complesso come la dispersione. Tuttavia si può ritenere che abbia inciso il fatto di avere interrotto nel 2007 i corsi per il completamento dell’obbligo formativo. Da allora, nonostante la dinamica a dir poco preoccupante, le politiche pubbliche che almeno nominalmente venivano invocate come misure per contrastare la dispersione hanno ottenuto ben pochi risultati.

L’assessorato al Lavoro, che dichiara di voler porre rimedio al problema proponendo proprio quella tipologia di corsi (biennali per ottenere una qualifica) che per tanti anni sono stati erogati in maniera ridotta, ha appena lanciato il programma ARDISCO (Azioni di recupero della dispersione scolastica). Anche se con tali interventi si riesce a ridurre statisticamente l’indicatore di ESL (poiché dopo due anni saranno aumentati quelli che, pur essendo usciti presto dalla scuola, hanno comunque frequentato un corso di formazione almeno biennale), non è detto che poi tali giovani riescano effettivamente a entrare nel mercato del lavoro, contribuendo cosi a ridurre anche il tasso di disoccupazione giovanile.

Lucia Schirru

Giorgio Garau

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