Una cinta muraria oppure strutture in qualche modo connesse all’incanalamento del fiume, quindi alla protezione dell’antica città di Turris dalle esondazioni e dalla potenza del Rio Mannu.

Sono le prime ipotesi che la funzionaria archeologa della Soprintendenza, Nadia Canu insieme all’archeologo Luca Sanna, nel loro intervento durante il convegno a Porto Torres dal titolo “Navigum Isidis: i culti orientali a Turris Libisonis tra portualità e scambi culturali”, hanno avanzato rispetto agli ultimi scavi archeologici sulla sponda orientale del fiume, in corrispondenza del Ponte Romano. Un saggio di scavo preventivo finalizzato alla realizzazione del Pit Fluviale, il progetto sulle “Opere di difesa idraulica dalle inondazioni del fiume Mannu a Porto Torres”, per il quale erano stati stanziati dalla Regione fondi pari a circa 6,4 milioni.

Per la realizzazione dell’intero progetto di valorizzazione di tutta l’area del rio Mannu, i costi stimati sono pari a 12 milioni di euro. Il piano avviato nel 2010 grazie all’archeologa Antonietta Boninu, è finalmente entrato dal 2022 nelle fasi operative con i primi sondaggi archeologici. Le nuove ricerche hanno confermato che il piano stradale antico procede sulla terraferma direttamente sul piano roccioso, con una sistemazione che dove conservata presenta ciottoli legati con malta, continuando ad abbassarsi per poi risalire sensibilmente dopo circa 20 metri. «Siamo partiti nel 2022 con il primo saggio di scavo», spiega Nadia Canu, che cura la direzione scientifica del progetto, «sulla base delle indagini effettuate con il georadar da Gaetano Ranieri dell’università di Cagliari, il quale aveva messo in evidenza varie anomalie in profondità». In virtù di tale documentazione Comune di Porto Torres e Soprintendenza hanno concordato di avviare sette saggi di scavo, ciascuno dell’ampiezza di dieci per dieci metri quadri.

«Quindi iniziammo il primo saggio seguendo le anomalie segnalate dal professor Ranieri. Ma tutti i saggi effettuati sia nella zona nord che in quella sud sono stati dei buchi nell’acqua. Quindi decidemmo di cambiare strategia e di fidarci anche del nostro intuito. In questa fase abbiamo scoperto una struttura emersa di tipo lineare di circa una trentina di metri al di sotto del ponte. La prima ipotesi è che fosse in collegamento con la cinta muraria ipotizzata da Enrico Petruzzi nel 2018, il quale aveva definito l’andamento delle mura fino all’imboccatura del ponte». Cinta muraria o struttura capace di incanalare le acque del fiume o, ancora, banchinamenti? Le prossime indagini archeologiche riprenderanno nella metà del mese di marzo. «Sulle interpretazioni delle scoperte, credo a breve capiremo di che cosa si tratta», spiega Luca Sanna, coordinatore dei lavori «ma sulla ipotesi della funzione di salvaguardia della città rispetto alle piene del fiume si può vedere, da alcune simulazioni, come questa struttura venuta alla luce, poteva in qualche modo incanalare l’acqua sotto le arcate del ponte».

L’infrastruttura oggi manca di due filari,  quindi in origine doveva essere più alta di circa 60 metri. Nel caso in cui la piena fosse ancora maggiore, la parte bassa del ponte fungeva da canale, con una risalita. Il ponte nella configurazione ottocentesca ha fatto da diga e dunque portava l’acqua verso la città. «Il progetto del Pit fluviale non fa altro che ripristinare il piano di età romana, - osserva Sanna - leggermente più alto per proteggere il tratto di viabilità, ma niente di più che la riscoperta del Pit di quasi duemila anni fa». La struttura rinvenuta, quindi, avrebbe avuto una funzione ben precisa: quella di incanalare l’acqua sotto le arcate del Ponte Romano e, nel caso ci fosse una piena maggiore, permettere il superamento di queste costruzioni per utilizzare la parte bassa del ponte come canale di supporto al mantenimento della piena lontano dalla città, una struttura che appare impermeabilizzata per la presenza di uno stratto di malta. «Per capire meglio verrà indagata una zona triangolare, per valutare a valle il deposito stratigrafico e a monte le eventuali cronologie  che speriamo possano dare qualche risposta in più». 

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