«Cara Unione,

non posso dire (mio malgrado) di essere una profonda conoscitrice della letteratura italiana e non lo sono, per la verità, neppure delle opere di Susanna Tamaro (che deve pur essere una brava scrittrice se ha avuto tanto successo).
Sono un'insegnante però, e se c'è una cosa che ho imparato nella mia carriera professionale è che non esistono cose tanto difficili da non poter essere proposte a praticamente tutte le fasce d'età: il punto è sempre il come, il modo in cui proporle.
Quando la Tamaro sostiene che Verga non dovrebbe più essere insegnato a scuola perché superato e troppo difficile, e potrebbe ad esempio essere sostituito con il suo “Va dove ti porta il cuore”, non mi trova d'accordo.
"La roba" di Verga, per dirne una, io la proporrei già dalla 4^/5^ elementare (forse, se se ne presentasse occasione, anche prima, anche molto molto prima).
Addirittura, chiederà qualcuno. Si addirittura. E sapete perché? Perché c'è così tanto in quell'"omiciattolo" del Mazzaro' dell'uomo moderno che "La roba" costituisce un racconto pregnante di una lezione efficacissima.
Quel vecchio avaro, così ricco di cose ma tanto povero di gioia e vittima del tempo che passa, rappresenta un ritratto fedele dell'uomo moderno che più fedele non si può.
Nell'era del consumismo, che ha reso l'uomo dipendente dal frenetico desiderio di accaparrare più cose possibili al punto da fargli quasi scordare il suo essere piccolo, fragile, finito, mortale, siamo un pò tutti Mazzaro'.
E siamo tristi Mazzaro' anche quando, per supplire alla mancanza di tempo da dedicare ai nostri bambini, li riempiamo di cose.
Ricordo ancora chiaramente quello che mi disse parecchio tempo fa un'alunna bellissima, con occhi grandi, vestiti perfetti, quaderni perfetti, trecce perfette: «Maestra, mamma e papà rientrano sempre tardi e, per farsi perdonare, mi portano ogni giorno un regalo. Sono molto belle le cose che mi portano e io sono felice quando le vedo, ma sarei più felice se qualche volta non avessi il regalo ma loro restassero a casa con me».
Siamo tutti Mazzaro', avidi di cose, accumulatori seriali di oggetti, schiavi inconsapevoli dell'acquisto compulsivo. Compriamo amore con le cose. Vendiamo il tempo per le cose. E quello, furbo, si fa vendere e tace, finché non mettiamo a fuoco gli ultimi granelli della clessidra.
“Di una cosa sola gli doleva, che cominciasse a farsi vecchio, e la terra doveva lasciarla là dov'era. Questa è una ingiustizia di Dio, che dopo di essersi logorata la vita ad acquistare della roba, quando arrivate ad averla, che ne vorreste ancora, dovete lasciarla! E stava delle ore seduto sul corbello, col mento nelle mani, a guardare le sue vigne che gli verdeggiavano sotto gli occhi, e i campi che ondeggiavano di spighe come un mare, e gli oliveti che velavano la montagna come una nebbia, e se un ragazzo seminudo gli passava dinanzi, curvo sotto il peso come un asino stanco, gli lanciava il suo bastone fra le gambe, per invidia, e borbottava: ‐ Guardate chi ha i giorni lunghi! costui che non ha niente! ‐ Sicché quando gli dissero che era tempo di lasciare la sua roba, per pensare all'anima, uscì nel cortile come un pazzo, barcollando, e andava ammazzando a colpi di bastone le sue anitre e i suoi tacchini, e strillava: ‐ Roba mia, vientene con me! –”
(Da: Giovanni Verga, Novelle rusticane, 1883).

Grazie dell’attenzione»

Un’insegnante sarda della scuola primaria

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