«Cara Unione,

io Gigi Riva non l'ho visto giocare, visto che sono nato nel 76. L'ho conosciuto quando faceva l'accompagnatore della nazionale sul finire degli anni 80.

Un uomo distinto elegante pacato educato. Quando veniva intervistato dalla stampa mio padre mi diceva chi era, con l'emozione di chi vedeva qualcosa di straordinario.

Mio padre nel 1970 – anno dello scudetto del Cagliari - faceva il lavapiatti a Torino. Per chi migrava in quegli anni la vita era due volte più difficile: innanzitutto per la lontananza, che per un sardo è morire di ricordi; e poi per il pregiudizio che in quel periodo ti ghettizzava.

L'emozione che vedevo negli occhi di mio padre da bambino non la capivo bene. Ma ora che il tempo è passato mi rendo conto di cosa significa quell'emozione: è appartenere a una terra, a un modo di stare al mondo, alla dignità di essere sardo. E Gigi Riva, che è diventato sardo, che è stato assorbito dalla terra che l'ha adottato, sardo in mezzo ai sardi, ormai è diventato il ricordo leggendario per chi quando ti racconta una storia, nella storia ti fa entrare. Grazie Riva!».

Luca Virgilio Foddis

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